tag:blogger.com,1999:blog-90634069631659110432024-03-14T00:06:44.487+01:00.dall'altro mondopensieri e notizie alternativeDefenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.comBlogger169125tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-80526016919173501452014-11-19T15:42:00.001+01:002014-11-19T15:50:23.456+01:00L'amore è la morte<div id="songlyrics_h">
<i>"Credo di avere provato l'amore almeno una volta: </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>è stato un brivido di
buio in una stanza d'affitto, </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>è stato trovare il fondo di una morte
felice </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>e la disperata allegria di non servire a niente </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>e lacrime e
risate </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>e l'intenso di carezze più pure. </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i><br />Credo di avere provato l'amore almeno una volta </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>con una donna
travolta da correnti di fiume: </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>bianca e moribonda come una prima
comunione, </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>libera e buia come i miei occhi tra le dita, </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>feroce e
dolorosa come la rabbia dell'inferno. </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i><br />Credo per un'amore così non ci sia che una volta, </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>perchè è allora
che il buio si scava la sua ultima tana </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>e la confessione dipana le paure
di sempre,</i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>in un interminabile abbraccio di donna di fiume, </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>nella sua
corrente di vita e di stanchezza. </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i><br />Credo che un amore così sia negato ai beati, </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>perchè è la fiamma di
un fuoco che tramanda la morte, </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>perchè i beati non sanno le stanze
d'affitto, </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>hanno paura del buio e delle parole, </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>perchè le donne di fiume
non son mai beate.
</i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i><br />Credo che un amore così non si perda per strada; </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>gli occhi degli
altri, per quanto ti frughino, non sanno capire </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>che la dolcezza preziosa
che nascondi tra i denti </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>è la ridicola e meravigliosa discesa di un
uomo </i></div>
<div id="songlyrics_h">
<i>che impara a non morire da solo". </i></div>
<div id="songlyrics_h">
</div>
<div id="songlyrics_h">
<br />
<div style="background-color: transparent; border: medium none; color: black; overflow: hidden; text-align: left; text-decoration: none;">
L'amore è violento, complesso; è il saper toccare con le mani la morte, spingersi vicino ad essa e salvarsi ogni volta, fino alla prossima volta. </div>
<div style="background-color: transparent; border: medium none; color: black; overflow: hidden; text-align: left; text-decoration: none;">
E se non è così... si tratta di qualcos'altro.</div>
<div style="background-color: transparent; border: medium none; color: black; overflow: hidden; text-align: left; text-decoration: none;">
</div>
<div style="background-color: transparent; border: medium none; color: black; overflow: hidden; text-align: left; text-decoration: none;">
Non ho voglia di conquiste, non m'importa più di piazzarmi nel mondo in una qualche posizione ideale. Nell'amore io ho trovato la morte come un raggio di luce, svestita dal nero degli uomini. E oggi so. Io so che vivrò fino in fondo, con scarsa attenzione a preservare la vita per una vita migliore. </div>
<div style="background-color: transparent; border: medium none; color: black; overflow: hidden; text-align: left; text-decoration: none;">
<br /></div>
<div style="background-color: transparent; border: medium none; color: black; overflow: hidden; text-align: left; text-decoration: none;">
<br /></div>
</div>
<div style="text-align: center;">
</div>
<div style="text-align: center;">
</div>
Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-42625022918090367622014-05-18T17:02:00.003+02:002014-05-18T17:02:59.359+02:00.<br />
Io non so esattamente dove sto conducendo questa vita mia, so che ho il mio passo, i miei due occhi, e lo strapiombo dietro di essi. Io so che mi volto, e per tutta la vita mi volterò.<br />
<br />
<br />
<i><span style="color: #990000;">Forse un mattino andando in un’aria di vetro,</span></i><br />
<i><span style="color: #990000;">arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:</span></i><br />
<i><span style="color: #990000;">il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro</span></i><br />
<i><span style="color: #990000;">di me, con un terrore di ubriaco.</span></i><br />
<i><span style="color: #990000;"><br /></span></i>
<i><span style="color: #990000;">Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto</span></i><br />
<i><span style="color: #990000;">alberi case e colli per l’inganno consueto.</span></i><br />
<i><span style="color: #990000;">Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto</span></i><br />
<i><span style="color: #990000;">tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.</span></i><br />
<i><br /></i>
<i><b>E. Montale</b></i><br />
<div>
<br /></div>
Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-57124168123383428712014-05-15T14:40:00.003+02:002014-05-15T14:40:52.965+02:00cdt<i>"[...] ...No, è impossibile; è impossibile comunicare la viva sensazione di una data epoca della propria esistenza - ciò che ne costituisce la realtà, il significato vero - la sottile e penetrante essenza. E' impossibile. Viviamo come sogniamo - soli...".</i><br />
<i><br /></i>
J. C.Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-65600872359118549682014-05-09T03:01:00.001+02:002014-05-09T03:07:48.308+02:00Il mio Peppino<div style="text-align: justify;">
Ho sempre creduto che Peppino impastato fosse una persona buona e leale. In realtà non so se lo fu davvero, o se si trattò invece di uno stronzo capace di quella spietata cattiveria umana che contesto da sempre, anche a me stesso. Ma la lealtà, almeno quella, è una cosa che non snatura l'uomo; quindi non vorrei stupirmi nel trovarne qualche caso. </div>
<div style="text-align: justify;">
Ad ogni modo... Peppino. Dicevo: non so che uomo fosse davvero, perché qui interviene sempre il romanzo, la narrazione romanzata, e ci nega una parte della storia, una storia, una delle storie possibili; e ovviamente intervengono la politica e gli ideali. Eppure mi basta sapere che ogni qual volta noi riconosciamo la necessità di darci un riferimento, di trovare un eroe, lo eleviamo così tanto, tutti insieme, da farne scomparire le macchie della fragile umanità. Voglio dire, lo facciamo sempre perché riconosciamo i nostri limiti. In lui, in loro (gli eroi), noi tutti ci purifichiamo e possiamo sognarci trascendenti, leggeri, oltrenoistessi. Tutti, insomma, abbiamo bisogno di credere che esista un bene più grande, qualcosa di migliore di noi. E ben venga, soprattutto se si unisce questo alle scelte politiche. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Giuseppe Impastato io lo figurerò sempre come un buono, e subito dopo come una comunista, e ancora... come un ragazzo che si è fatto ammazzare due volte: dallo Stato e dalla Mafia. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ma scusatemi - e tu Peppino... se sei tra le cose, nell'aria, sulle stelle o tra la terra che calpesto... perdonami altrettanto - io ho e avrò sempre bisogno, più di ogni altra cosa, di pensarti come una persona dalle virtù umane più spiccate di quelle politiche.
Ovunque tu sia vorrei dirti che da te avevo imparato, forse con un eccesso di idealismo, che si doveva essere socialisti o comunisti per essere persone migliori, per impegnarci a ricercare virtù che sfidassero i vizi antichissimi delle subalternità tra gli uomini e della legge di forza. E anche se non fosse mai stata questa la lezione, a me piacerà pensarla così, ancora. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per la tua vita politica e per la tua morte umana si spendono sempre tante parole, a volte purtroppo a caso, male. Nessuno invece si impegna nella narrazione della tua vita umana e della tua morte politica, credo di capirne le ragioni. Io ho voluto dedicarti un pensiero tutto mio, certamente stonato, certamente poco definito, probabilmente senza troppa consistenza... però mio. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per adesso può bastare. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ciao Peppino. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Sebastian Recupero</div>
Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-86314575731512139242014-05-07T20:06:00.001+02:002014-05-07T20:06:20.361+02:00..<div style="text-align: justify;">
Non esiste qualcosa da fare o dire che sia giusta in assoluto; piuttosto esistono tempi, situazioni e persone giuste per fare o dire qualcosa. Così la penso io. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Dunque, tra questi miei appunti pubblici, che lascio a qualche lettore perditempo delle mie cazzate, devo annotare la necessità che ho di non insistere a tenermi invischiato in un progetto nel quale non mi trovo più a mio agio. Non è la prima volta che me ne accorgo, non è la prima volta che mi rimetto in strada. Ho sbagliato tutte quelle volte nelle quali ho creduto di poter tornare; in realtà, lo devo spiegare, un progetto comune prevede una comunione di sentimenti, di lealtà, di fiducia, di stima, di reciprocità in generale. Io non provo e non trovo nulla di tutto questo, non più. Ne deduco la semplice constatazione che non è il tempo, non è la situazione e non ci sono persone giuste per fare o dire qualcosa. </div>
<div style="text-align: justify;">
Ricordo altre esperienze, che anche se concluse sempre catastroficamente, furono vissute con altri presupposti: era il tempo giusto, erano le persone giuste. C'era lo spirito giusto. </div>
<div style="text-align: justify;">
Ricordo poi anche altre esperienze come quest'ultima che mi è capitata, e ricordo che semplicemente evitai di scriverne. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ora, non mi resta solo che dire queste cose nel luogo giusto e al momento giusto. Domani.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Userò le mie energie, ancora una volta, per fare cose in cui credo, cose che credo più pulite di questo disastro umano, delle nostre ipocrisie. Ho la forza - e troverò ancora gente disposta a unire la propria alla mia - per esiliarmi da questo assurdo mondo ipocrita e ricostruirne uno mio, nostro, ideale, utopico... che viva attraverso le nostre connessioni sentimentali. Avrò la forza di essere migliore, di tentare qualcosa di diverso, di abiurare me ancora, di pentirmi sempre della mia miseria per costruire una bellezza ideale, senza guerre, senza le vere guerre. Se non farò questo, e se non lo farò assieme a gente con cui stringere un'alleanza sincera, la mia vita non varrà un cazzo. E per fare questo non avrò necessità di essere investito di un ruolo salvifico o eroico. Sarà quando sarà, senza chiederci perché.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-79698126371398028602014-05-04T05:09:00.003+02:002014-11-27T00:26:35.325+01:00Comunque<div style="text-align: justify;">
<i>Mi ricordo. Mi ricordo l'ultima volta che facemmo all'amore. </i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Una sera scritta con la penna senza più inchiostro, a tratti scomposti, ricalcati, a vuoto. I corpi nostri come quel tratto di penna: sesso, lasciato svuotare senza che nessuno di noi due avesse febbre di rigenerarsi. Noi, che non fummo mai la "bic", la penna usa e getta, ma sempre stilografica da amare, erotizzare, sessuare, da far figliare.</i><br />
<i>Una pagina bianca mancata, quella volta lì; eppure densa. </i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Mi ricordo ancora quella sera con le risate della stanchezza, con le pene dell'incomprensione.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Spogliarmi non è mai stato così ridicolo: un buco alla calza del piede destro, due buchi alla maglietta sotto al maglione azzurro. E automatismi non di festa, ma di fine lavoro: come spogliarsi per l'ultima volta per gioco della divisa, quando il lavoro è già finito da un pezzo. I buchi quella sera si notavano tutti, rimanevano dentro di noi, ci davano già la sensazione di quanto stesse accadendo: un deterioramento cercato e trovato nella luce piena di un calorifero, quando il calore nostro lo avevamo scrollato di dosso già da un pezzo. Altre sere avevo indossato quella maglietta, altri buchi avevo trovato rientrando a casa tra le mie dita del piede; eppure non sentimmo mai il vento gelido che dal nord dei nostri cuori li attraversava.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Mi ricordo... le resistenze, la luce dal basso, la confusione. Mi ricordo la resa. </i><i>Sapevamo il bicchiere scheggiato eppur vi brindavamo: più retorica della retorica arrivava la domanda: "e ora?". E ora brindiamo alla nostra imbecillità. Alle nostre fughe. Al nostro amarci e desiderare che l'amore non esista; che non esistano catene, che non esista la comprensione. E ora, ancora una volta, perdiamoci, questa volta per sempre, in qualche modo; diversamente.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Amare è costruirsi un riparo dal mondo, perfino dal leninismo o dal libertarismo che abbiamo predicato senza coerenza... perché non esistono in maniera assoluta dei mondi pubblici che possano essere giusti. Amare un'altra persona, tenersi per mano è l'unico moto di Rivoluzione.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Amare e amaro sono parole non molto dissimili, chissà perché. E di certo non l'ho scritto solo io adesso, e mi par più banale di quanto non sia. </i><i>Amaro fu il miele di luglio, scrissi; amara la paura di resistersi oltre quel miele.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i><br /></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Ricordo le coperte di cui non avemmo bisogno mai, fuorché quell'ultima volta: come coprirsi nelle notti fredde di una stanza piena di estranei; e ancora... come svolgere le prove di una casa il giorno prima del trasloco. </i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Ricordo quelle coperte, rubate ad un'altra storia, come un segnale di stanchezza; e va da sé.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i><br /></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Una notte sbagliata, delle mille che sbagliammo: senza fiori, senza poesie, senza tetto, in una stanza di una casa che non esiste o che forse esistette troppo male per poter avere ancora una finestra sul nostro mondo, sulla nostra salvezza, per come l'avevamo saputa generare. </i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i><br /></i></div>
<div style="text-align: justify;">
[Del bene non si parla mai, perché il bene non fa rumore].</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Così, nelle altre notti senza amore, nel ripensare alla miseria delle vite spese nel troppo commercio con gli altri, all'edonismo che manca di eros, di impegno e di sogno, con l'incapacità mia di tornare indietro rispetto alla qualità della vita scelta ed in parte goduta, sono qui; e mi fermo a scrivere. E scrivendo ancora amo, per l'eternità; senza buchi alle dita dei piedi e nel mio mondo senza macchie nei dintorni dell'anima. </i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Dove è il silenzio.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-74428549482847425752014-04-15T02:21:00.000+02:002014-04-15T02:21:00.613+02:00 Holan alla ricerca di una qualche forma di purezza.<span style="color: #45818e;">No, non andartene ancora, non temere i sussulti,</span><br />
<span style="color: #45818e;">è l'orso che si apre gli alveari in giardino.</span><br />
<span style="color: #45818e;">Si placherà. Strozzerò anch'io il discorso</span><br />
<span style="color: #45818e;">come la fretta dello sperma serpentino</span><br />
<span style="color: #45818e;">verso la donna dell'éden.</span><br />
<span style="color: #45818e;"><br /></span>
<span style="color: #45818e;">No, non andartene ancora, non abbassare il tuo velo.</span><br />
<span style="color: #45818e;">Il metilene dei còlchici è divampato nel prato.</span><br />
<span style="color: #45818e;">Sei tu pur sempre, vita, anche quanto sostieni:</span><br />
<span style="color: #45818e;">- Anelando, aggiungiamo. Ma l'amore</span><br />
<span style="color: #45818e;">non ha somiglianza...</span><br />
<span style="color: #45818e;"><br /></span>
<i>V. Holan</i><br />
<br />Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-55127589932914756462014-04-09T23:55:00.002+02:002014-04-10T00:02:23.581+02:00<br />
<div style="background-color: white; margin-bottom: 6px;">
<span style="color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, lucida grande, tahoma, verdana, arial, sans-serif;"><span style="line-height: 19px;">Rubo questa poesia perché, stasera, sta bene sul mio diario.</span></span></div>
<div style="background-color: white; margin-bottom: 6px;">
<span style="color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, lucida grande, tahoma, verdana, arial, sans-serif;"><span style="line-height: 19px;"><br /></span></span></div>
<div style="background-color: white; margin-bottom: 6px;">
<i><span style="color: #990000; font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="line-height: 19px;">E’ strano che tanto tempo sia passato</span><br /><span style="line-height: 19px;">dall'annuncio del grande crac:seppure</span><br /><span style="line-height: 19px;">quel tempo e quella notizia siano esistiti.</span><br /><span style="line-height: 19px;">L’abbiamo letto nei libri: il fuoco non li risparmia</span><br /><span style="line-height: 19px;">e anche di noi rimarrà un’eco poco attendibile.</span><br /><span style="line-height: 19px;">Attendo qualche nuova di me che mi rassicuri.</span><br /><span style="line-height: 19px;">Attendo che mi si dica ciò che nasconde il mio nome.</span><br /><span style="line-height: 19px;">Attendo con la fiducia di non sapere</span><br /><span style="line-height: 19px;">perché chi sa dimentica persino</span><br /><span style="line-height: 19px;">di essere stato in vita.</span></span></i></div>
<div style="background-color: white; font-family: Helvetica, Arial, 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; line-height: 19px; margin-bottom: 6px;">
<span style="color: #990000;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; font-family: Helvetica, Arial, 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; line-height: 19px; margin-bottom: 6px;">
<span style="color: #990000;">Eugenio Montale</span></div>
Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-21326639080060990242014-04-05T17:53:00.003+02:002014-04-09T23:53:29.777+02:00La cultura dell'adesso<br />
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'Helvetica Neue', Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 20px;">
<div style="text-align: justify;">
" [...] Tutto ciò aveva un significato evidente nella società solido-moderna dei produttori - una società, ripeto, che puntava sulla prudenza e sulla cautela di lungo periodo, sulla durevolezza e sulla sicurezza, e soprattutto sulla sicurezza durevole di lungo termine. Ma il desiderio umano di sicurezza e il sogno di uno "stato stazionario" definitivo mal si accordano con la società dei consumatori. Nel percorso verso questa società il desiderio umano di stabilità deve trasformarsi, e in realtà si trasforma, da principale punto di forza del sistema nella sua principale passività: potenzialmente fatale, e causa di perturbazione e malfunzionamento. Difficilmente le cose potevano essere diverse, poiché il consumismo, in netto contrasto con le precedenti forme di vita, associa la felicità non tanto alla soddisfazione dei bisogni (come tendono a far credere le sue "credenziali ufficiali"), ma piuttosto alla costante crescita della quantità e dell'intensità dei desideri, il che implica a sua volta il rapido utilizzo e la rapida sostituzione degli oggetti con cui si pensa e si spera di soddisfare quei desideri; esso abbina, come sostiene giustamente Don Slater, l'insaziabilità dei bisogni all'impulso e all'imperativo di "guardare costantemente alle merci per soddisfarli". Nuovi bisogni richiedono nuove merci; nuove merci richiedono nuovi bisogni e desideri; l'avvento del consumismo inaugura l'era deIl""obsolescenza programmata" dei beni offerti sul mercato e segnala la spettacolare ascesa dell'industria dello smaltimento dei rifiuti.</div>
</div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'Helvetica Neue', Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 20px;">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'Helvetica Neue', Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 20px;">
<div style="text-align: justify;">
L'instabilità dei desideri e l'insaziabilità dei bisogni, e la propensione che esse creano al consumo immediato e all'immediata eliminazione degli oggetti consumati, ben si accordano alla nuova liquidità del contesto in cui le attività della vita si svolgono e si svolgeranno nel prevedibile futuro. Un contesto liquido-moderno è inadatto alla pianificazione, all'investimento e all'accumulazione di lungo periodo; anzi esso priva il rinvio della soddisfazione del suo antico senso di prudenza, di circospezione e soprattutto di ragionevolezza. La maggior parte degli oggetti di valore perdono rapidamente lustro e attrattiva, e se il godimento viene differito, si rischia di doverli gettare nella spazzatura prima ancora di esserseli goduti. E quando il livello di mobilità e la capacità di cogliere al volo una opportunità fuggevole diventano i principali fattori dell'importanza e del prestigio sociale, le proprietà troppo voluminose sono viste più come una fastidiosa zavorra che come carico prezioso.</div>
</div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'Helvetica Neue', Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 20px;">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'Helvetica Neue', Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 20px;">
<div style="text-align: justify;">
Stephen Bertman ha coniato le espressioni "cultura dell'adesso" [nowistculture] e "cultura frettolosa" [hurried culture] per indicare il nostro stile di vita nell'attuale tipo di società. Si tratta di espressioni particolarmente adatte ad afferrare la natura del fenomeno liquido-moderno del consumismo. Possiamo dire che il consumismo liquido-moderno si distingue principalmente per la ridefinizione (finora unica) del significato del tempo.</div>
</div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'Helvetica Neue', Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 20px;">
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<br /></div>
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Il tempo viene vissuto da chi fa parte della società dei consumatori liquido-moderna come qualcosa che non è ciclico o lineare com'era invece per altre società della storia. Esso è invece, per utilizzare la metafora di Michel Maffesoli, "puntinista" o, come lo definisce Nicole Aubert con espressione quasi sinonimica, "punteggiato": contrassegnato cioè da abbondanza di rotture e discontinuità, da intervalli che separano i diversi punti e ne interrompono il collegamento, più che dallo specifico contenuto dei punti stessi. Il tempo puntinista si distingue per la sua incoerenza e mancanza di coesione, più che per i suoi elementi di continuità e coerenza;in questo genere di tempo qualunque continuità o logica causale colleghi i diversi punti tende a essere presunta e/ o desunta all'estremo opposto della ricerca (che avviene sempre a posteriori) di un'intelligibilità e di un ordine,di regola chiaramente assenti dalle motivazioni che inducono il movimento degli attori tra i diversi punti. Il tempo puntinista è frazionato, o addirittura polverizzato, in un gran numero di "istanti eterni" (eventi, avvenimenti,incidenti, avventure, episodi), di monadi racchiuse in se stesse, pezzi separati, ognuno ridotto a un punto sempre più prossimo al suo ideale geometrico di non-dimensionalità.</div>
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<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'Helvetica Neue', Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 20px;">
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<br /></div>
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<div style="text-align: justify;">
Come forse ricordiamo dalle lezioni scolastiche sulla geometria euclidea, i punti non hanno lunghezza, larghezza o profondità: esistono, saremmo tentati di dire, prima dello spazio e del tempo; in un universo di punti lo spazio e il tempo devono ancora iniziare. Ma come abbiamo appreso dagli esperti in cosmologia, simili punti privi di spazialità e temporalità contengono un infinito potenziale di espansione e infinite possibilità di esplodere, come attesta (a prestar fede ai postulati della cosmogonia più aggiornata) quel punto fondamentale che precedette il big bang da cui iniziò l'universo spaziotemporale. Per usare la vivida immagine di Maffesoli, oggi "la nozione di Dio si riassume in un eterno presente che racchiude allo stesso tempo il passato e l'avvenire"; "la vita, sia essa individuale o sociale, (è) composta da una successione di adesso, una concatenazione di istanti vissuti con più o meno intensità (...)".</div>
</div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'Helvetica Neue', Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 20px;">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
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<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'Helvetica Neue', Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 20px;">
<div style="text-align: justify;">
Ora ogni punto-tempo è visto come carico della possibilità di un altro big bang: possibilità attribuita anche ai punti successivi, indipendentemente da qualunque cosa sia accaduta ai punti precedenti, e a dispetto dell'esperienza che si accumula costantemente mostrando come la maggior parte delle possibilità sia perlopiù prevista in modo erroneo o non lo sia affatto, mentre la maggior parte dei punti si dimostra sterile e la maggior parte degli scossoni abortisce. Una mappa della vita puntinista, se tracciata, sarebbe straordinariamente simile a un camposanto di possibilità immaginarie, fantasticate o grossolanamente trascurate e rimaste irrealizzate. Oppure, a seconda del punto di vista, farebbe pensare a un cimitero di occasioni sprecate: in un universo puntinista il tasso di mortalità infantile e di aborto procurato o spontaneo delle speranze è molto alto.</div>
</div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'Helvetica Neue', Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 20px;">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'Helvetica Neue', Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 20px;">
<div style="text-align: justify;">
Nel modello puntinista del tempo non c'è spazio per l'idea di "progresso"come alveo vuoto del tempo che lentamente si riempie grazie alle fatiche umane, o come edificio sempre più elegante e alto che per effetto di tali fatiche si innalzi gradualmente dalle fondamenta al tetto, piano dopo piano, ogni piano costruito in modo saldo sul precedente, fino al momento in cui la sommità verrà coronata da un serto di fiori per celebrare la fine di uno sforzo lungo e diligente. Quell'immagine è stata sostituita dalla sicurezza che (come notò all'inizio degli anni Venti del XX secolo Franz Rosenzweig, che la considerava una chiamata alle armi, sebbene all'inizio del XXI suoni piuttosto come una profezia) . O, secondo la recente rilettura di Michael Lòwy dell'interpretazione di Walter Benjamin sulla visione moderna del processo storico, l'idea del "tempo della necessità" è stata sostituita dal concetto del"tempo delle possibilità, un tempo aleatorio aperto in ogni momento all"irruzione imprevedibile del nuovo", da "una concezione della storia come processo aperto, non determinato in anticipo, in cui le sorprese, le chances inattese, le opportunità impreviste possono comparire in ogni momento": ciascun momento, direbbe Benjamin, contiene potenzialità rivoluzionarie. Ovvero, e stavolta sono parole dello stesso Benjamin che echeggiano quelle degli antichi profeti ebraici: "ogni secondo (...) era la piccola porta da cui poteva entrare il Messia". (...)"</div>
</div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'Helvetica Neue', Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 20px;">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
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<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'Helvetica Neue', Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 20px;">
<div style="text-align: justify;">
Zygmunt Bauman, <em>Consumo, dunque sono</em>, Laterza (2010)</div>
</div>
Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-18157017800322432492014-03-23T20:09:00.000+01:002014-04-05T17:47:30.074+02:00Scrivo queste righe perché voglio che siano chiare alcune cose, e perché non si sa mai; e certo non perché mi appassioni ciò che succede al nostro corpo dopo la morte. Talvolta, tuttavia, c'è bisogno di questo tipo di testimonianze. Per la storia, anche solo per la storia di qualcun altro, dopo di noi.<br />
<br />
<br />
Dunque, le mie ultime volontà:<br />
<br />
- cerimonia laica in luogo pubblico o privato purché spogliato di ogni simbolo religioso;<br />
- cremazione, se costa di meno che tutto il resto. In ogni caso soluzione meno costosa;<br />
- assoluto divieto di donazione dei miei organi (che credo malati, in ogni caso malati intrinsecamente, di me. Totale distruzione);<br />
- da morto ricordatevi di come ero veramente in vita, pezzi di merda; e non piangete.Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-62022189911739500822014-03-18T01:23:00.002+01:002014-03-18T01:29:28.497+01:00.<br />
<i><span style="color: #990000; font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Oh cara inquietudine, non dormi; canti.</span></i><br />
<i><span style="color: #990000; font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Tu che hai partorito il vento da questa bocca; </span></i><br />
<i><span style="color: #990000; font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">di questo affanno, questo vento,</span></i><br />
<i><span style="color: #990000; font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">che spinge la primavera un giorno più avanti.</span></i><br />
<i><span style="color: #990000; font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Tu non hai pietà, finché non trabocca,</span></i><br />
<i><span style="color: #990000; font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">di ciò che prendi, d'ogni sentimento.</span></i><br />
<i><span style="font-size: large;"><br /></span></i>
<i><span style="font-size: large;"><br /></span></i><span style="color: #990000;">On air:</span> <a href="https://play.spotify.com/track/7Jxb9UKQyrXTv0dSr498Ny">No medicine for regret</a>Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-54212972224489094882014-02-26T01:40:00.000+01:002014-02-26T02:21:55.169+01:00notturnoA volte penso "è un bene"<br />
avere tutta la bellezza<br />
e la fantasia sotterrate nell'argilla<br />
dell'inquietudine,<br />
nella calcarea roccia<br />
del disadattamento:<br />
la felicità non è così l'ansia<br />
di affermarsi -<br />
non più del sole è la messa a fuoco -,<br />
ma disseppellire, ritrovare.<br />
Più lungo, però, diviene il morire.<br />
<br />
- La bara è fatta per inventare un sorriso<br />
consolatorio,<br />
per noi, sulle spoglie di chi ha smesso.-<br />
<br />
A volte non penso più.<br />
Suono il mio p-i-a-n-o-f-o-r-t-e<br />
su questo bianco retroilluminato.<br />
Sotto terra, dall'altro mondo.<br />
<br />
Siamo noi che abbiamo tutto<br />
da vincere<br />
e tutto da perdere. La storia<br />
siamo anche <i>noi.</i><br />
<i><br /></i>
<i>sr</i><br />
<br />
<br />Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-39340637937663780712013-12-29T05:26:00.002+01:002013-12-29T18:11:52.618+01:00Buone feste<div style="text-align: justify;">
<i>"Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno.
Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.
Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna. E sono diventati cosí invadenti e cosí fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 0 il 1492 siano come montagne che l’umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Cosí la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa la film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.
Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore. Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca". </i></div>
<br />
Antonio Gramsci<br />
1 Gennaio 1916, l’Avanti!<br />
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Che questo pensiero gramsciano, come tanti altri, sia ormai consolidato, entrato nella coscienza di molti, o forse di tutti, non c'è dubbio. Quello che continua a farmi riflettere è la nostra gioiosa finzione, la nostra insolente prodigalità, la nostra rassegnazione. Anzi, forse quello che diventa preoccupante è la nostra assoluta partecipazione ai riti antichi con un'inedita volontà di trasformarli e piegarli in ciò che noi crediamo sia il nostro vantaggio. "Si, capodanno non significa un cazzo, ma noi facciamo festa perché è un'occasione come un'altra in cui ci sono potenziali situazioni di divertimento"- che significa sempre bere e/o scopare - "Che ci frega, noi fottiamo il sistema così: festeggiando e stando assieme".</div>
<div style="text-align: justify;">
E si, la condizione perenne dell'affermazione di vita umana nel 2013/2014 è la festa. Ed oggi è sempre festa, ogni giorno c'è una potenziale festa. Sembra davvero che non sia rimasto altro. Assomigliamo a dei lupi famelici costantemente in cerca di una preda notturna; si perché poi le cose migliori le teniamo sempre per la notte. Ammazziamo le nostre ore di buio oscurandoci ancora di più la vista. Festeggiamo contro questo mondo di merda, non rendendoci conto che il mondo di merda è fatto da noi. </div>
<div style="text-align: justify;">
No, adesso non voglio focalizzarmi sui consumi (non se ne può più di questo mio costante richiamo, per non dire scassamento di cazzo); non verrò a menarvela, inutilmente, sul fatto che mentre noi ci convinciamo di essere felici perché ci sbronziamo e ascoltiamo i concerti rock o di qualche altra musica gioviale, su di noi e sulla nostra esistenza marcia il capitalismo; no, per carità. Vi dirò soltanto che come minimo siamo persone che non hanno le palle; che non sono minimamente interessate a cambiare le cose, se non nei nostri bei proclami ideali e dei finti afflati rivoluzionari. E questo perché non sappiamo dove cazzo andare. Quindi preferiamo perderci dentro il tutto, credendo sia un modo per avere un'esistenza dignitosa, che certamente non ci può essere data dalla privazione. Ci giustifichiamo come si può.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Dalle feste comandate a cui si riferiva Gramsci siamo passati alle feste auto-comandate: e non mi sembra un grande traguardo. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Un attimo forse abbiamo pensato che in questa nostra periferia dell'impero ormai il capitalismo si gioca sui nostri vizi, sui nostri ipotetici voli libertari, sulle nostre cirrosi epatiche e sui nostri tumori? Cioè, voglio dire, il divertimento è divenuto un servizio, un servizio fondamentale della società capitalistica. Noi ci vendiamo, siamo venduti e vendiamo divertimento.</div>
<div style="text-align: justify;">
Io non riesco a capire, la mia testa non è buona.</div>
<div style="text-align: justify;">
Non riesco a capire quando sarà finito il tempo della festa, del sollazzo, dell'individualismo becero e venduto che, fatti due conti, non ci offre affatto questo grandissimo senso di appagamento che noi crediamo di poter ricevere. Anzi, sembriamo tutti un po' più insoddisfatti, costantemente in crisi. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per tutti questi motivi penso che ancora una volta dalle cose solide e dalle scommesse giocate assieme con sacrificio possa ricominciare la dignità di ciascuno e di un mondo da non disprezzare più; ancora una volta dalla reazione distruttiva e autodistruttiva si può generare la vita. </div>
<div style="text-align: justify;">
La lotta personale, la resistenza morale e ideale... tutto ciò è solido. Non mi sembra lo siano le urla, il liberarsi a cazzo, i proclami di bellezza. Ed è forse molto più semplice e solida la bellezza trovata per caso, non quella costruita per essere offerta a qualcuno.</div>
<div style="text-align: justify;">
Dovremmo imparare a distruggere tutte le certezze, attraverso noi stessi. Dovremmo riconoscere il valore della rinuncia. Dovremmo elevarci, dovrei elevarmi anch'io; ma da domani: per oggi sono troppo impegnato a riempire il mio vuoto con strategie ed idee per 31 sera. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
maledettamente perduto, </div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Sebastian Recupero</i></div>
Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-2386337739473061752013-12-25T06:41:00.001+01:002013-12-25T06:54:03.961+01:00..Sono andati via tutti, adesso. Restiamo io e mio fratello a pulire; anzi in questo momento lui pulisce ed io scrivo queste stronzate.<br />
In sottofondo la canzone che sentirete, il giorno che ci sorprende dalle ampie vetrate interrotte di questo locale. Mio fratello spegne alcune luci, spegne il fuoco.<br />
Io non parlo, sono leggero mentre scrivo. Ho bevuto.<br />
Stasera sono esattamente 8 anni che ci vediamo qui nello stesso giorno, suppergiù alla stessa ora, suppergiù le stesse persone.<br />
Stasera, come da 8 anni a questa parte, abbiamo giocato a carte. Io ho perso, qualcuno ha vinto. Non vinco spesso,io; quando vinco di solito vinco alla grande, quando perdo invece.... perdo alla grandissima. Sorrido.<br />
We came along this road. E soprattutto io sono. Io vivo, da perdente o da vincente, e vivo lo stesso. Da più di 8 anni, per più di altri 8 anni.<br />
Io gioco, io vivo. Io perdo. Io ho vinto: perché tutto questo c'è perchè ci sono io, che pur stasera ho perso. Ed allora diamocelo: i perdenti hanno già vinto, prima di cominciare. Come gli immeritevoli, gli sfortunati, gli ultimi veri.
Abbiamo vinto noi, da soli. Senza che la politica o le belle parole si occupino di noi.
Buon Natale.
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Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-27900969450450092812013-12-19T14:22:00.000+01:002013-12-19T14:22:11.248+01:00Conversazione in Sicilia<i>"Io ero, in quell’inverno, in preda ad astratti furori. Non dirò quali, non di
questo mi son messo a raccontare. Ma bisogna dica che erano astratti, non eroici, non
vivi; furori, in qualche modo,
per il genere umano perduto. Da molto tempo questo,
ed ero col capo chino. Vedevo manifesti di giornali squillanti e chinavo il capo;
vedevo amici, per un’ora, due ore, e stavo con loro senza dire una parola, chinavo il
capo; e avevo una ragazza o moglie
che mi aspettava ma neanche con lei dicevo una
parola, anche con lei chinavo il capo. Pioveva intanto e passavano i giorni, i mesi, e
io avevo le scarpe rotte, l’acqua che entrava nelle scarpe, e non vi era più altro che
questo: pioggia, massacri sui manif
esti dei giornali, e acqua nelle mie scarpe rotte,
muti amici, la vita in me come un sordo sogno, e non speranza, quiete. </i><br />
<i>Questo era il terribile: la quiete nella non speranza. Credere il genere umano
perduto e non avere febbre di fare qualcosa in contrario, voglia di perdermi, ad
esempio, con lui. Ero agitato da astratti furori, non nel sangue, ed ero quieto, non
avevo voglia di nulla. Non mi importava che la mia ragazza mi aspettasse;
raggiungerla o no, o sfogliare un dizionario era per me lo stesso. Ero
quieto; ero come
se non avessi mai avuto un giorno di vita, né mai saputo che cosa significa essere
felici, come se non avessi nulla da dire, da affermare, negare, nulla di mio da mettere
in gioco, e nulla da ascoltare, da dare e nessuna disposizione a ric
evere, e come se
mai in tutti i miei anni di esistenza avessi mangiato pane, bevuto vino, o bevuto caffè,
mai stato a letto con una ragazza, mai avuto dei figli, mai preso a pugni qualcuno, o
non credessi tutto questo possibile, come se mai avessi avuto un
’infanzia in Sicilia tra
i fichidindia e lo zolfo, nelle montagne; ma mi agitavo dentro di me per astratti furori,
e pensavo il genere umano perduto, chinavo il capo, e pioveva, non dicevo una parola
agli amici, e l’acqua mi entrava nelle scarpe". </i><br />
<br />
<i>Elio Vittorini </i>Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-77617715834596613142013-12-13T04:37:00.000+01:002013-12-15T22:11:24.791+01:00Lettera agli uomini sotto le divise<div style="text-align: justify;">
Agli amici della Polizia di Stato, ai Carabinieri, alle forze dell'ordine tutte.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Scrivo, perché è la prima cosa utile che posso fare. Scrivo perché voglio mettere a posto tutti i pensieri, ordinatamente; ed in modo ordinato comunicare, fuori dal rumore assordante della piazza che si agita, giustamente. Inevitabilmente.</div>
<div style="text-align: justify;">
Scrivo, con lo stesso tono che si usa per riconciliare i sentimenti tra amici o tra amanti.</div>
<div style="text-align: justify;">
Scrivo a voi, donne e uomini al servizio di questo nostro Stato italiano, perché è il momento della verità, della schiettezza, della comprensione condivisa e soprattutto, perché è il momento della riconciliazione.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questo nostro tempo di trasformazioni e di frammentazione è il tempo in cui una fase storica, quindi economica e poi politica, volge al termine. E come sempre nella storia, nell'approssimarsi della fine di un modello organizzativo, di un periodo tutto sommato stabile, regna inevitabilmente la paura e il disorientamento. Non voglio farla lunga, ma mi sia concesso spiegare cosa sta succedendo, secondo me, con i pochi strumenti che possiedo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
C'è stato un tempo in cui, dopo le macerie della guerra, dopo le privazioni materiali ed immateriali dell'inizio del secolo scorso, e dopo il grande abbaglio fascista, la comunità nazionale è stata rifondata politicamente attraverso le istituzioni e la Costituzione repubblicana. E' stato l'inevitabile processo di riassestamento dopo un periodo da dimenticare, favorito dai nuovi equilibri internazionali, dall'azione, dal finanziamento e dalla tutela degli americani. E' stato il risveglio di tutte le attività produttive e culturali di una nazione che non è mai stata veramente tale. Ma in tutta questa esplosione di vitalità, economia e anche di duro scontro politico, si andava cementando - purtroppo nascondendo malamente, come la polvere sotto al tappeto, tutte le contraddizioni sociali - la cultura piccolo borghese, e la cultura consumistica, come denunciava sempre Pier Paolo Pasolini.</div>
<div style="text-align: justify;">
Attraverso l'idea di benessere, quindi di capacità di consumo degli individui e delle famiglie, s'è fatta l'Italia. Abbiamo cominciato a credere, anche noi che non eravamo pronti, che fosse più importante essere ricompensati in denaro, con aumenti dei salari e degli stipendi, di quello che ci veniva tolto umanamente. E ci veniva tolta la nostra vera libertà di essere, di scegliere cosa fare della vita, del nostro tempo. Già, il tempo. Il tempo diventava velocemente una condizione legata alla nostra attività di consumo. Ed il consumo diventava la forma della società e della socialità.<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Abbiamo pensato a lungo - e molti di noi lo pensano ancora oggi - di potere esser felici così. Ma guardiamole quelle nostre ipotetiche felicità: a rincorrere il possesso di qualcosa, spesso per poterlo vantare; a cercare una sicurezza pressoché assoluta in un posto di lavoro fisso e poi a sentirci, sicuramente, come gli ingranaggi di una macchina, anonimi; o ancora a costruirci una casa piena di oggetti inutili e molto spesso vuota di grandi passioni, di grande ambizione, di vita; a cominciare a pensare in termini di "tempo libero" e "tempo occupato", come se fossimo degli automi; per di più a spendere spesso il nostro tempo libero in attività votate a consumare: dal lunedì al venerdì/sabato lavoro, ogni sera televisione (poi sempre di più facebook), venerdì cinema, sabato la pizza fuori con la famiglia e qualche amico, domenica le partite in tv e poi, magari, un giro al centro commerciale. Tutte le settimane, per anni e anni. Felicità, morte insomma.</div>
<div style="text-align: justify;">
Quell'illusione della stabilità consumistica e del benessere hanno avuto un costo molto elevato:la complessità sociale e le difficoltà dei popoli d'Italia vennero tenute a bada da una politica che aveva imboccato una strada oramai senza uscita (quella dell'americanizzazione, dell'europeismo economico), attraverso la creazione di debito pubblico, la corruzione, l'assistenzialismo.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ma non è solo questo il problema. C'è qualcosa di più.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il mondo si trasforma molto più velocemente che in passato, la tecnologia ha consentito una sempre più forte globalizzazione. Non esiste più lo Stato, se non sulla carta. Non ha più senso l'idea di nazione. Il mondo tende ad essere una rete fitta di relazioni e comunità immateriali.</div>
<div style="text-align: justify;">
Cioè, voglio dire che se vi fermate un attimo a riflettere, noterete che i confini non esistono più e che il fatto di abitare assieme in un determinato luogo non porta automaticamente alla creazione di una comunità. Anzi, guardiamo noi, il nostro essere, la nostra presenza materiale e "spirituale" nel paese in cui abitiamo. Io guardo al mio paese, Patti, e mi domando: cosa vuol dire essere pattesi oggi? Cosa mi unisce davvero e necessariamente con gli altri abitanti del mio paese? È una risposta dura la mia: significa solo l'evocazione di una presunta storia gloriosa e la retorica; o, in ultima analisi, lo status giuridico di residenza in un comune denominato "Patti".</div>
<div style="text-align: justify;">
I miei legami veri, i miei interessi, le mie aspirazioni, sono altrove. Probabilmente, nel 2013, potremmo sentirci più in sintonia con un cittadino cileno, o islandese. Ed è normale, direi... naturale.</div>
<div style="text-align: justify;">
Cambia tutto: il senso dell'esistenza, il modo di guardare al mondo, il modo in cui intendere le relazioni sociali, l'idea di lavoro, l'idea di politica. Crollano le gabbie mentali della religione (ed era ora), perde di significato (anche qui: finalmente!) l'istituto matrimoniale - così da evitare di fare una cazzata giusto perché c'è una forma che qualcuno ci ha imposto di seguire -, cambiano le forme dell'organizzazione sociale, cambiano le abitudini, cambiano i costumi.</div>
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È importante spiegare che tutte le trasformazioni in atto sono mosse dall'economia, in un circolo vizioso dove abbiamo bisogno di qualcosa di sempre nuovo perché il mercato ci offre qualcosa di sempre nuovo. Un altro mercato, poi, ci ha offerto da tempo l'opportunità di avere quel che desideriamo, anche se non è possibile averlo: è il mercato finanziario. Oggi questo ha raggiunto dimensioni così imponenti da aver creato praticamente un mondo parallelo: un mondo di carta.</div>
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Quello che bisogna capire è che la politica oggi non risiede più negli Stati - che come ho già detto, sono svuotati del loro significato storico - ma nei mercati, ed in particolare in quello finanziario. Il Parlamento e i governi, praticamente, non decidono più nulla perché sono vincolati dalle leggi economiche, e non tanto dall'Unione Europea che, seppur dotata dell'ultimo brandello di potere politico tradizionale, è solo un'esecutrice di quelle leggi, e ne comanda l'attuazione in tutti gli Stati.</div>
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<br /></div>
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In tutto questo cambiare, in mezzo alle trasformazioni di cui spesso non capiamo bene il significato, non cambiano (perché è effettivamente difficile, farle cambiare) le istituzioni, né le forme della politica; non cambiano, e noi continuiamo a votare pensando che si possa fare qualcosa di rivoluzionario da dentro le istituzioni, e al massimo ce la prendiamo con i politici corrotti. Non è così: non si può rivoluzionare nulla dall'interno, e non è vero che il problema siano gli stipendi e gli sprechi della politica. Sono piccolezze, credetemi; cose che ci fanno chiacchierare e incazzare come per una partita di calcio. Ed è odioso pensare che ci interessa di più difendere un inno e una bandiera nelle piazze, invece che riprenderci la nostra dignità, la nostra umanità.</div>
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Ma, amici delle forze dell'ordine, non è nemmeno vero che è solo difendendo lo Stato si difende la democrazia. Io, sinceramente, non sono un appassionato di democrazia (che è l'utopia più forte di ogni tempo, quindi costitutivamente irrealizzabile) ma devo affermare che sento di avere la certezza che nessuno può imporre un sistema autoritario "giusto"; perché è il concetto stesso di giustizia ad essere variabile; perché forse è giusto tenere in considerazione la diversità di ciascuno. E mi piacerebbe parlarvi, ma lo farò in altra sede, della mia idea di democrazia comunitaria.</div>
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Ad ogni modo qualsiasi forma di democrazia oggi è messa in pericolo dal permanere dello Stato, notabile dei mercati, e di una Unione Europea promotrice di politiche di austerity per la stabilizzazione di un sistema economico che vede noi tutti, ancora una volta, umiliati e offesi. E lo siamo tutti quanti: anche se voi agenti di polizia o carabinieri o guardie di finanza, o militari insieme ad altre categorie di lavoratori dipendenti, riuscite, con uno stipendio misero, a campare e a tenervi all'asciutto ancora un po', mi chiedo come vivrete tra alle macerie sociali, che senso avrà la vostra vita in mezzo alla disperazione e alla morte; alla disperazione e alla morte che saranno servite per salvare uno Stato inutile e allo stesso tempo un'economia alienante, che rincoglionisce noi di falsi miti e arricchisce sempre i più furbi.</div>
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<br /></div>
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Uso il "voi" solo per distinguerci rispetto i nostri attuali ruoli sociali, attribuitici dalla società capitalistica. E' l'economia che attraverso la politica ci divide; ci fa dimenticare che in fondo siamo tutti uguali, che viviamo gli stessi malesseri, abbiamo gli stessi istinti e le stesse passioni. Che siamo tutti quanti esseri umani; e tutti tragicamente sfruttati. Invece succede che quando ci troviamo in piazza ci insultiamo e ce le diamo di santa ragione. A questo proposito vorrei segnalare che gli stronzi ci sono nei movimenti e nelle forze dell'ordine; ci sono nel mondo, in generale. Ma la gran parte di noi, che non vuole essere stronza, deve trovare il coraggio di parlarsi e di superare gli abusi: quelli di potere dovuti alla divisa e all'idea di ordine autoritario; quelli di acculturamento e spocchiosità dovuti ad un percorso di vita borghesemente universitario o indipendente e senza responsabilità.</div>
<div style="text-align: justify;">
Vorrei dire che purtroppo gli scontri - ad esempio sulla Tav, o nelle Università - ce li dovremo sopportare ancora: perché la Polizia fa la polizia e i ribelli devono essere ribelli e non devono affatto andarci piano. Eppure... se si guardasse a quelle manifestazioni nel contesto di quello che ho descritto poco fa, se si aggiungesse che è proprio il rifiuto di questa società che ci spinge ad attuare quelle proteste (contro la Tav significa: basta speculazioni, basta alta velocità e ricominciamo ad andare con calma, basta grandi opere che servono solo al sistema dei ricchi, basta sfasciare l'ambiente col cemento) si potrebbe dialogare, e forse togliersi i caschi per sempre - e in tanti.</div>
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Quindi voglio usare ancora un "noi" che comprende anche gli amici sfruttati e umiliati delle forze dell'ordine. E voglio dire che questo ordine, che le istituzioni politiche vogliono continuare a difendere, serve a tutelare gli interessi di certe lobby, di certi milionari, di certi privilegiati che oltre ad essere diventati ricchi spesso con modalità abiette, lo sono pure troppo. E' questo l'ordine dove noi poveri disgraziati annaspiamo e tiriamo a campare. In questo ordine siamo divisi, e non ha senso. </div>
<div style="text-align: justify;">
Tutti assieme, innanzitutto aprendo un dialogo e prendendo coscienza, possiamo fare qualcosa di importante: testimoniare e imporre il nostro dissenso. Uniti si fa la differenza e nessuno resta solo.</div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-58993007682142857612013-07-12T05:49:00.001+02:002013-07-12T05:54:08.025+02:00.<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="//www.youtube.com/embed/UW1nWBquc7M" width="420"></iframe>
<i> </i><br />
<br />
<div class="">
<span style="color: #990000;"><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><i>"</i></span><span style="font-family: Georgia,"Times New Roman",serif;"><i>È vostra questa pianta dono del creatore</i></span></span></div>
<div class="">
<br /></div>
<span style="font-family: Georgia,"Times New Roman",serif;"><span style="color: #990000;"><i>
</i></span></span><div class="hover">
<span style="font-family: Georgia,"Times New Roman",serif;"><span style="color: #990000;"><i>A lui salga la lode, voi che pagate crudele salvatore</i></span></span></div>
<div class="hover">
<br /></div>
<span style="color: #990000;"><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><i><span style="font-family: Georgia,"Times New Roman",serif;">In alto trasparente denso il cielo immobile vicino </span></i></span></span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia,"Times New Roman",serif;"><span style="color: #990000;"><i>In basso umide nuvole rumore </i></span></span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia,"Times New Roman",serif;"><span style="color: #990000;"><i>Di foresta lontano, lontano, lontano </i></span></span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia,"Times New Roman",serif;"><span style="color: #990000;"><i>Renderà sopportate fame fatica orrore </i></span></span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia,"Times New Roman",serif;"><span style="color: #990000;"><i>Le vostre sofferenze allevierà amate creature </i></span></span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia,"Times New Roman",serif;"><span style="color: #990000;"><i>Vi terrà compagnia quando sarete soli di necessità </i></span></span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia,"Times New Roman",serif;"><span style="color: #990000;"><i>Per ultimo non ultimo li polverizzerà </i></span></span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia,"Times New Roman",serif;"><span style="color: #990000;"><i>Per ultimo non ultimo li polverizzerà".</i></span></span>Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-58307927893353780052013-07-09T14:47:00.002+02:002013-07-12T15:00:24.712+02:00Appunti sulla globalizzazione del Papa.<div style="text-align: justify;">
Ieri il Papa, Francesco I, si trovava a Lampedusa. </div>
<div style="text-align: justify;">
La ricerca simbolica di luogi, mezzi ed azioni per fare rivivere il tema della fratellanza universale e della carità, nell'ambito del nuovo corso da ONG che la Chiesa romana vuole darsi per rimanere in vita in questa fase di interregno politico, mi sembra segnare un successo di grande importanza per l'organizzazione e la politica vaticana. Un successo della Chiesa senza Palazzo, ovviamente. Mentre il palazzo brucia o si rimpie di muffe. </div>
<div style="text-align: justify;">
Trovo questo pontefice particolarmente interessato alla trattazione sociologica e politica, al contrario del suo predecessore, impegnato nella dottrina, nella teologia e nella gestione degli equilibri organizzativi. Ed in particolare di Francesco colpisce il richiamo alla "globalizzazione dell'indifferenza". Così si è espresso proprio ieri, a proposito della nostra relazione con l'Altro versione "straniero", nel ricordo delle vittime di povertà, insoddisfazione e sofferenza che tentano, spesso pagando con la propria vita, di approdare ad un mondo più confortevole: il nostro. Quindi io direi - ma non so il Papa - di quei "sottoconsumatori" con accessori determinati: differenza, intraducibilità ma anche fascinazione, inesperienza, sogni palsmati sul nostro modello e democraticamente venduti.<br />
Oggi tutti i giornali fanno richiamo a quell'espressione usata dal pontefice. E Giuliano Ferrara ci dedica maggiore attenzione, scrivendo con cortesia a sua santità che forse, involontariamente, ha usato il termine sbagliato: perché la globalizzazione - dice l'Elefantino-puttana - è l'antidoto all'indifferenza. Ed in qualche modo ha pure ragione, non sapendo, come al solito, quello che dice. <br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ad ogni modo, per quanto possa sociologizzarsi l'esperienza politica del Vaticano, non ci siamo ancora: Francesco dovrebbe sapere che da tempo si è cercato di definire la globalizzazione come "processo di mondializzazione di pratiche legate ad un modello politico particolare, quello capitalistico". L'indifferenza è già insita in questo processo, per altro con un significato diverso da quello che sembra voler comunicare lui. Essa si è accresciuta nel corso degli ultimi 30 anni proprio per l'aumento delle differenziazioni e poi per il crollo del significato dei confini, dell'idea di nazione, della cittadinanza nazionale, ma anche della comunità in generale; crolli dovuti principalmente alla globalizzazione, che ha avuto come conseguenza il comportamento tipico della "fortezza assediata", cioè di chi crea o marca le differenze. Una sorta di unione intesa a trovare qualche forma di certezza in una società ormai liquida, incerta, individualizzata, post-materiale. Tentativo piuttosto risibile, vaquo. Resistenza comprensibile storicamente ma destinata a breve vita. Adesso che ci si mette pure il Papa poi...</div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il Papa che comunque non la dice tutta, o, peggio, la dice male: "globalizzazione dell'indifferenza": posto che abbiamo una linea guida interpretativa sul significato di globalizzazione, dobbiamo chiederci cosa sia questa indifferenza: <i>in-differentia</i>, senza differenze. Quindi un comportamento che non opera preferenze, non giudica o non riconosce le differenze, il quale, certamente, finisce con l'avere delle conseguenze politiche.</div>
<div style="text-align: justify;">
Supponendo che Francesco volesse usare l'espressione "mondializzazione" o molto più banalmente "diffusione mondiale sistematica" invece che l'inappropriato "globalizzazione", vorrebbe dire che si è compiuto un processo mondiale di annullamento delle differenze, o di mancato riconoscimento delle differenze. Questo fenomeno se è vero, è vero all'interno. Ma esiste ancora un esterno. Quindi non è quello il problema: semmai quel che ci interessa è che all'interno si è compiuto un processo di <i>esplosione delle differenze</i>, un loro aumento numerico esponenziale ed una maggiore esposizione ed accettazione che conduce, secondo la logica seguita da Jean Baudrillard, all'indifferenza; cosa che ha portato ciascun individuo, a causa dalla globalizzazione capitalistica, a sentirsi più <i>incerto</i> (in mezzo ad una moltitudine di modelli, e con l'obiettivo assegnato dal sistema, cioè autoattribuirsi un ruolo in società, farsi da sé, differenziarsi) e ha consentito agli Stati - pur di continuare ad avere un ruolo nell'ipermodernità - di marcare alcune differenze in difesa degli individui, all'esterno. Una "ri-differenziazione", insomma.<br />
<br />
E nemmeno se si stesse parlando di indifferenza nei confronti delle sorti di queste persone potrei trovarmi in accordo: c'è la nascosta, più o meno velata, alle volte evidente volontà degli abitanti assediati di sbarazzarsi in tutti i modi possibili degli assedianti, unici nemici con cui prendersela... perché umani. Il capitalismo invece è un misto di idee, sentimenti, numeri... è astratto: molto più difficile opporvisi.<br />
Anche qui, dunque, non c'è indifferenza... per le sorti degli altri, non potendosi ritenere sufficiente la mancata determinazione o conoscenza delle conseguenze concrete del respingimento o della mancata accoglienza o del tentativo di fuga di ogni singolo immigrato per poter dire che si è indifferenti. <br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ora, io direi così: siamo innanzi a trasformazioni sociali, favorite dalla globalizzazione del capitalismo, che hanno condotto a reazioni naturali del tessuto sociale ancora sottoposto alle categorie ideali della modernità che stanno per esaurirsi; queste reazioni, come la ricerca di nuove differenze, sono diretta conseguenza della individualizzazione, della proclamazione della presunta libertà di scelta dell'uomo-consumatore in luogo della responsabilità sociale e della lotta per l'autonomia, istanza non più opponibile. </div>
<div style="text-align: justify;">
Direi che siamo semplicemente in piena globalizzazione, con tutte le sue conseguenze, e con l'aggravante che la tecnologia rende più veloce ed efficace, da un lato il processo di fascinazione nel confronti della società dei consumi da parte dei migranti di oggi, dall'altro l'impoverimento materiale e culturale delle terre di origine. </div>
<div style="text-align: justify;">
Ma anche qui ci troviamo di fronte ad una rottura: probabilmente l'esplosione del mondo occidentale - per adesso solo ritardata - produrrà fenomeni di globalizzazione totalmente differenti, ed un mescolamento non più unidirezionale periferia->centro, ma la creazione di centri e periferie diffuse, o forse solo un più ristretto centro ed una periferia globale. Però credo sia presto per parlarne, e sono certo di non avere gli strumenti necessari per farlo. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per tornare al Papa, mi pare che il <i>Corsera</i> abbia tradotto pressapoco "no alla globalizzazione dell'odio". Espressione certamente più felice, almeno da una parte: perché l'odio, generalizzato, ha il pregio di essere espressione che si presta a meno equivoci, anche se non del tutto condivisibile. E tuttavia... odio nell'ambito della globalizzazione, non come suo oggetto.<br />
<br />
Da Francesco mi aspetterei un no alla globalizzazione capitalistica, insomma. Ma come dimenticarci che lui, di lingua spagnola, argentino per mano dei
conquistadores, è uno dei principali esempi della globalizzazione e che
la Chiesa ne è addirittura uno dei principali protagonisti?
L'evangelizzazione compiuta nel XVI sec. nel Sud America, è
un fenomeno conciliabile e riconducibile alla diffusione del
capitalismo. D'altronde i conquistadores oltre che servire Dio, avevano dichiarate intenzioni di arricchimento.<br />
<br />
Ma aspetto la prossima puntata del Papa versione "social" per capire che piega sta prendendo la caduta della Chiesa come istituto secolare e modernizzato. </div>
Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-83469796775286430162013-07-07T03:12:00.000+02:002013-07-07T03:13:16.559+02:00Di tutte le morti, di tutti i suicidi.<i>Dispensami dal tempo al quale sei sfuggito<br />
staccami da dentro la tua vicinanza<br />
come le rose rosse all’imbrunire<br />
si staccano dalla morbida unione delle cose</i><br />
<br />
<i>
</i><i>a giusto omaggio e ad amara voce<br />
rinuncio lieto e al rosso delle labbra<br />
combusto dal bagliore nero dei capelli<br />
che purpurei ombreggiavano la fronte degli affanni</i><br />
<br />
<i>
</i><i>mi sia pure negata anche l’immagine<br />
d’ira e di elogio come a me li offristi<br />
l’incedere con cui portasti regalmente</i><br />
<br />
<i>
</i><i>il vessillo del quale leggi il simbolo<br />
se solo in me il tuo sacro nome erigi<br />
come amen infinito senza effigi.</i><br />
<br />
W. BenjaminDefenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-45270900142286528662013-06-25T23:14:00.002+02:002013-06-25T23:14:34.572+02:00.<div style="text-align: left;">
<br />
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="285" src="http://www.youtube.com/embed/4l494M-XRBE" width="400"></iframe></div>
Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-27878503514011402492013-06-23T04:08:00.003+02:002013-06-24T17:35:41.361+02:00Sono nato il 23, a primavera.Mi ricordo il cielo di marzo. E quello di aprile.<br />
Grigio, denso; anche dentro di me. Mi ricordo le nuvole, senza mai averle osservate sul serio. Grigio negli occhi. <br />
La sensazione di una primavera che non arriva da sola, che ha bisogno di essere realizzata, coltivata. Una primavera quasi ipotetica, come un'utopia.<br />
Mi ricordo quando, sotto quel cielo irreale dei primi giorni di aprile, chiesi aiuto alla terra, che grigia, argilla, chiedeva la forza dell'aratro dentro le mia braccia gracili. Ma non poteva capire, se non la chiamavo forte; più forte.<br />
E con la rabbia, con l'unica mia vita possibile che scorreva a gocce dalla pelle, sporca d'inganni e ripulita col fango, andavo, nelle sere di quel ripetuto novembre, a piantare il seme, lottando. Con la madre terra, come quando fai l'amore e... non ci pensi.<br />
La terra ci contiene tutti: densi o liquidi.<br />
<br />
Seminare il cambiamento di stagione, della propria esistenza. Seminare la fiducia nella vita, che procede, se è bagnata, pure nell'argilla o nel deserto. E non essere ginestra, per dio. Ma prendere il fiore ubriaco, sbandato di acqua e di sole, e farne ragione di occhi da inventare. Nuovi.<br />
Non la ginestra, per carità, quale grazia sarebbe essere deserto. Sono umido ivece; sono zuppo e fin troppo compatto; e ora risoluto a far nascere giallo il colore della bandiera di rivolta.<br />
<br />
Nacqui il giorno 23 - l'estate umana appena sedutasi oltre il recinto - come immagino possa nascere un fiore che sa solo d'esser fiore: non il migliore, non il meritevole, non il competitore; non l'ospite (schiavo) d'un giardino. Piuttosto il figlio di una natura libera e autodeterminata. Casuale e logica allo stesso tempo.<br />
<br />
Ma ho sperimentato che dal momento della nascita ogni nostro atto è di prepotenza; anche innoqua, anche innocente. Ed è forse ancora la prepotenza di un riscatto dal grigio e la volontà di un'esplosione giallo-terra-simbolo umano che mi ha spinto a coltivare, con dedizione vera, una direzione opposta all'amore chiamato in causa e offeso dalla privazione nutritiva; di una terra allontanata, di una semplicità offuscata.<br />
<br />
E 25 sono gli anni del fiore che zappa la terra per piantare altri fiori, come se non gli bastasse. Un fiore senza dimensioni comprensibili. Un fiore che sfugge spesso alla terra. Un fiore di quelli che non si raccontano; nemmeno fiore di campo.<br />
<br />
E mi ricordo parole che non servivano, dolori che rendevano piccola questa corolla di fiducia e di speranza.<br />
Come non esiste il fiore dentro la scatola, strappato alla terra, ornamento di un nulla così sofisticato da sembrare tutto, così non esiste verità presso chi ruba i colori fingendo di liberarli.<br />
Adesso non ci sono ladri; solo primaverili insignificanti comparse dentro al recinto, e tutto il testo fuori. Da me. <br />
<br />
<br />
Non so più cose sto dicendo e m'è venuto sonno; ma questi sono i miei girasoli. <br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMN932k1nWlTgeaqXA_g4i_QWezkT0jPpE4mG42ZJNEUznjgASLubLS1EMZJiY57CVOMcI6kA1B3gTNFOdrDXVeim_ZPKj6JvLJU_-MlxGnWMp-j8h63syDSi4aAMLnfU5gdb2l3thFR8/s1600/PIC_0086.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMN932k1nWlTgeaqXA_g4i_QWezkT0jPpE4mG42ZJNEUznjgASLubLS1EMZJiY57CVOMcI6kA1B3gTNFOdrDXVeim_ZPKj6JvLJU_-MlxGnWMp-j8h63syDSi4aAMLnfU5gdb2l3thFR8/s400/PIC_0086.JPG" width="400" /></a></div>
<br />Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-56203992223498645712013-04-18T18:16:00.002+02:002013-04-18T18:16:23.913+02:00Riflessioni sulla libertà, parte 1<b>Premessa</b><br />
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Le culture occidentali (l'uso del plurale non è casuale e spero possa essere colto da subito; ma emergerà certamente più avanti), sedimenti dei processi storici e sociali dei popoli di quelle terre incluse, dalla dottrina e dalla politica, nel novero dell'Occidente relativo, sono all'opera, si trasformano e trasformano l'immaginario in qualsiasi momento della nostra vita da occidentali: anche quando tuoniamo contro questa stessa vita, contro queste stesse culture. Da ciò deriva che il nostro pensiero, le nostre opposizioni, il nostro approccio dicotomico bene/male oppure il nostro assoluto relativismo strumentale relativo ai casi ed al contesto che ci interessa, siano frutto di quella tradizione che genera anche l'oggetto della nostra opposizione. Perché, non è una novità, oggetto e soggetto vengono generati contemporaneamente, in un determinato immaginario.</div>
<div style="text-align: justify;">
Sulla libertà anch'io scriverò in opposizione a determinati modelli; i quali, tuttavia, hanno generato la mia stessa opposizione. Così quest'ultima finisce con esserne la prosecuzione storica. In tutti i casi che andrò ad analizzare sarà evidente, anche quando operata con incoscienza, la pienezza della mia storicità, della mia appartenenza. </div>
<div style="text-align: justify;">
Inutile, da qui in avanti, tentare di fingersi l'accademico puntiglioso: non lo sono e non ne sarò mai capace. Piuttosto porrò delle questioni nel mio modo personale, che è storico e culturale, senza pretesa di scientificità, ma con un metodo che, per quanto non sia oggettivo, resterà sempre un metodo umano. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
Brevemente, voglio essere antipatico: troppo spesso ci riempiamo la bocca della parola libertà; ancora più spesso è capitato al sottoscritto di ascoltare giudizi sulla libertà altrui; sulle carenze o la mancanza di libertà di qualche individuo o di gruppi di individui. E frequentemente persino il sottoscritto li ha pronuciati.<br />
<div style="text-align: justify;">
Ebbene, la presunzione di sentire se stessi "più liberi" di altri è un abominio, una forma di prevaricazione sociale e morale. E, se non ce ne fossimo accorti, sancisce l'inesistenza di quella stessa libertà proclamata e idealizzata. Nessuno è libero; oppure tutti sono liberi a modo loro, nel contesto della loro storicità e della loro cultura. Decidiamoci.</div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Non esiste una libertà autentica, univoca, assoluta. L'idea stessa di libertà e l'uso della parola sono fatti storici e culturali; e, francamente, è comprensibile pensare che la libertà, di per sé, non esista. Ci sono piuttosto tante possibili libertà contingenti: ciascuna di esse, da quando viene affermata, proclamata e perseguita, diviene una forma di prevaricazione, di subordinazione culturale. La dimostrazione stessa della sua inesistenza, forse.<br />
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
<b>Riaprire eterni dibattiti</b><br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Caso 1: la libertà sentimentale e sessuale, in breve.</b><br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Qualche secolo fa si pensava come
atto di libertà, ad esempio, la possibilità di avere un lavoro ben
remunerato che offrisse l'occasione di costruire una famiglia ed una
bella casa con un portone ed una chiave sicura, per custodire la nostra
dimensione privata e le nostre contraddizioni.<br />
Altra espressione
di libertà, ricadente nello stesso immaginario, era la possibilità di
sfuggire all'autoritariusmo pateralistico ed alla dimensione protettiva
della famiglia patriarcale, e prendere per marito (o moglie) chi si
ritenesse più opportuno, anche contro l'opinione del padre. La libertà
di sposarsi come si vuole e con chi si vuole.<br />
Penso a quella
espressione: oggi molti tra i lettori di questo scritto la riterranno,
come me, un'espressione probabilmente ossimorica: "Libertà... di
sposarsi". Eppure al tempo aveva il peso di una vera richiesta di
libertà.</div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Charles Bukowski. In qualche modo è un sollievo leggere quel suo persiero violento, "animale", senza peli sulla lingua. Giustificatorio. Diciamo: "libero". "Libertà!"; "Siamo animali, dobbiamo privarci delle catene".<br />
<br />
La libertà sessuale comunemente intesa è una cosa sensata, come sensato è stato il nazismo del resto. Tutte le cose sono sensate. Però anch'essa è un prodotto culturale; e non è giusta in assoluto.<br />
Essa è cosa ben diversa dalla liberazione dei generi sessuali, argomento più serio, ma indissolubilmente connesso a quello che io pongo qui brevemente. <br />
<br />
Tutta la modernità si è sviiluppata sull'istituto della "famiglia"; e
all'interno della società così formata, all'interno del modello
familiare, è nata, per opposizione, la riluttanza contro la famiglia
stessa. <br />
L'idea di una potenziale società senza legami stabili, secondo me, significa il capovolgimento assoluto dello stato sociale, della cultura che ha generato la nostra stessa possibilità di pensare questo rovesciamento; e, ad ogni modo, è certamente la fine di un immaginario e la creazione di un altro, nell'ambito degli sviluppi culturali delle nostre società. <br />
L'immaginario sviluppatosi nel corso della modernità, dell'uomo che trasformava e piegava la Natura per garantire il proprio predominio, attraverso l'uso dell Ragione, sulle altre forme di vita e contro i rischi di morte naturale, e dell'individualismo razionale inventato, come inventato era il libero arbitrio storico, pare in contrapposizione con l'idea di esseri umani totalmente istintivi e per questo liberi. Se la ragione esiste, ed è quello che abbiamo sempre pensato, dire oggi che essa produca una libertà "più vera" di quelle precedenti è una contraddizione. Perché la produrrebbe oggi? Esiste, allora, il progresso? E se esiste il progresso, e l'individualismo capitalistico ci sta portanto adesso al bellum omnia contra omnes, i diritti civili, sociali ed individuali guadagnati non serviranno più (e mi sta bene); ma cadranno anche tutte le idee, persino di libertà, per fare spazio non di certo ad una società anarchica (anche questo pensiero è frutto della Ragione, e funziona per opposizione). Temo, piuttosto, che gli uomini rifaranno un percorso simile a quello già fatto, se non nei contenuti... nei principi: di organizzazione, di gestione, di controllo.<br />
<br />
Come non pensare la libertà sessuale di oggi, sbandierata e difesa politicamente, anche quale complemento oggetto del consumismo?<br />
Tutta l'attenzione spostata non sulla sessualità, ma sul sesso; privandolo però della sua funzione primaria: quella procreativa. Eh si: perché bisogna tornare animali e non attenzionare troppo le cazzate sull'amore, sui legami stabili (odiosi immaginari che riducono le nostre libertà), ma anche dimenticarci che la Ragione che ha prodotto quegli immaginari, produce allo stesso modo quello per il quale il sesso si può vivere "liberamente" e giustamente anche senza procreare.<br />
L'istinto è quello che ci porta a compiere l'atto sessuale; la Ragione, il fatto culturale, l'antropocentrismo sono invece evidenti nell'inibire la procreazione. E' un calcolo; il calcolo risponde ad una forma e la forma è l'immaginario.<br />
Ma l'immaginario come si è creato?<br />
Per intanto possiamo dire che è si creato.<br />
A questo punto... cos'è questa libertà sessuale? Un dato morale assoluto?<br />
Non parrebbe. <br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ma... siete retrogradi se pensate che sia sbagliato fare sesso senza procreare. Sappiatelo. I custodi della libertà vi deridono, poveretti. Poveri schiavi.<br />
I più geniali sono quelli che fanno uso di anticoncezionali ed al contempo mettono in discussione la "naturalità" dell'omosessualità. Mistero della fede.<br />
<br />
Seriamente, io credo che scopare piaccia a tutti noi, soprattutto quando si tratta di un'avventura erotica imprevista. Ma il patentino per ritenerci liberi, e per bollare chi ha una relazione stabile - e ci crede - come un/una "poveraccio/a", chi ce lo ha dato? E se fossi noi in torto? E se questa libertà di fare sesso come e quando vogliamo senza conseguenze fosse la peggiore delle aberrazioni umane, che ci allontana dalla (per noi, a volte) conveniente naturalezza degli animali per consegnarci, ancora una volta, una scelta umana, di quelle come ce ne sono tante? Ma soprattutto ci siamo chiesti perché ci piaccia in modo così ossessivo fare sesso? Il punto è che l'instinto che ci porta a compiere l'atto sessuale è l'istinto di vita: di generare, di creare vita attraverso l'unione dei due corpi. Ed il piacere forse autentico dovrebbe essere proprio questo impulso procreativo. Ma questo piacere è stato limitato nel tempo; condizionato. Controllato politicamente e appannato per ragioni dettate dalla mente umana, secondo immaginari determinati della vita e del mondo. <br />
<br />
Ora, il rischio di essere fraintesi è alto: io ho intenzione, almeno per adesso, di rinunciare allo stesso modello culturale ed allo stesso immaginario al quale quasi tutti noi abbiamo aderito. Dico soltanto che riflettere su tutto ciò che noi riteniamo libertà e scoprire che libertà non è, è un atto dovuto. Soprattutto per approcciarci agli altri.<br />
E ancora: questa riflessione particolare è finalizzata a cancellare qualche ipocrisia sul sesso che noi praticanti di questa religione adottiamo spesso. Se è facile e bello scopare, questa cosa, impedendo la proceazione, non è certamente un'espressione libera svincolata dalla Ragione, come si pensa ogni volta che si grida "libertà". E dunque non si capisce perché altri immaginari creati dalla medesima Ragione siano privi di libertà. Solo questo.<br />
<br />
Così, in fine, potremmo dire che è naturale e liberale (se la libertà non è un assoluto, nel senso che di solito si gradisce, salvo confondersi) tanto un modello di relazioni instabili, quanto un modello di relazioni stabili; tanto l'amore come ricerca di eternità e impegno a costruire, quanto l'amore come sfogo di tensioni ed emozioni istantanee.<br />
Va bene tutto insomma. Guccini direbbe: "Ma non raccontare a me che cos'è la libertà". </div>
Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-10168525702469719332013-03-22T19:10:00.001+01:002013-03-24T17:38:53.126+01:00Per rifiutare la paura di cambiare. <style type="text/css">P { margin-bottom: 0.21cm; }</style>
<br />
<div align="CENTER" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: medium;"><b>LA
NOSTRA SICILIA, IL NOSTRO MONDO:</b></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<i>UNA TERRA DI PACE, DI
ACCOGLIENZA, DI SVILUPPO SOSTENIBILE, DI OPEROSITÀ, DI
RESPONSABILITÀ CONDIVISE E DI GIUSTIZIA. </i>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Questo è quello che
abbiamo in mente. Questo è l'impegno che assumiamo con le nostre
singole esistenze: stare al mondo e vivere tutta una vita, dai
piccoli gesti della quotidianità alle grande azioni collettive, per
affermare il bisogno di essere migliori. Tutti quanti. Dare un senso
alla nostra esistenza nella ricerca di un destino comune del mondo.
Farlo davvero, senza più i vecchi riti della politica, gli egoismi
della nostra vita individualizzata, la paura di cambiare che ciascuno
di noi coltiva inconsciamente dentro di sé, non per il timore che la
strada sia sbagliata ma perché spesso il cambiamento appare come una
privazione; come la perdita di una posizione sociale.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Bisogna domandarsi se le
nostre vite, spesso imperniate attorno a riti di consumo e alla
convinzione che la verità sia una sola, non sarebbero migliori
stringendo un nuovo patto e superando insieme la paura di un
cambiamento; tentando di affermare una nuova etica e un pensiero
differente; o meglio una pluralità di pensieri. Uscire dalle forme
attuali, cerarne di nuove.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Questa vita che viviamo è
la migliore che possiamo?
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La crisi economica di cui
tanto si è parlato non nasce nel 2008, viene da lontano: da quando
l'uomo è diventato degno della sua umanità solo se considerato in
termini economici; e poi da quando l'economia è diventata carta e
bytes, scavalcando l'uomo stesso. Cosa che ci ha condotti a vivere
delle vite al di sopra delle nostre possibilità – “vite che non
possiamo permetterci”, direbbe Bauman – ed ha generato solo
grandi disuguaglianze. Purtroppo è vero quel dato spesso preso
sottogamba - o considerato secondario rispetto ai vari PIL, PNL,
spread etc. – per cui, secondo il più recente “Global Wealth
Report” di Credit Suisse, lo 0,5% di persone più ricche controlla
più del 35% della ricchezza mondiale. Questo significa gravissimi
squilibri ed una vera e propria contrapposizione tra popoli, non
tanto per la sopravvivenza, quanto per il predominio culturale. E
questa cultura, che ci ha condotto alla colonizzazione del mondo,
all'assoggettamento e alla riduzione delle differenze dei popoli, dei
gruppi sociali, al dominio ed alla manipolazione del creato a forma
umana, è quella che alla fine si ritorce contro noi stessi.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Le privazioni
immateriali, sociali - la crescente insicurezza, le ansie, le
accentuate patologie psichiche oltre all'emergere di nuove e
spaventose incidenze tumorali - si aggiungono alle sempre più forti
privazioni materiali dei popoli dell'occidente. La distruzione di
buona parte del patrimonio naturale, la compromissioni della salute
degli ecosistemi, l'inquinamento, il sovrappopolamento, l'aver
ridotto il pianeta ad un posto meno sicuro e poco accogliente per gli
altri esseri viventi, ridotti a complemento del nostro dominio umano,
tutto questo, è da cambiare. E lo si cambia cominciando a
pretenderlo. Lo si pretenda in Sicilia, lo si pretenda in Italia, lo
si chieda agli altri popoli del mondo. Non è una questione di
riforme possibili né di legislazione: è innanzitutto l'inversione
di un paradigma sociale e culturale, che si può raggiungere,
gradualmente, cominciando ad affermarla dentro di noi. Pensare e
soprattutto vivere la propria vita in modo nuovo è la chiave di ogni
possibile cambiamento: l'inversione di quel paradigma, presso un
numero sempre maggiore di persone, porta alla necessità di una vita
diversa. Quindi tutto quello che dobbiamo fare, ancora prima di
pensare di doverci affidare al voto politico e amministrativo, è non
smettere di pretendere ciò che si ha a cuore: una trasformazione
complessiva del mondo.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Bisogna smettere,
piuttosto, di credere che l'importante sia condurre l'amministrazione
tecnica delle forme dell'organizzazione sociale odierna. Bisogna
smettere di credere che i discorsi più grandi del nostro piccolo
orticello siano inutili e risibili. Bisogna sentire nelle proprie
vene le offese che questa società planetaria fa alla vita: a quella
degli altri ed alla nostra.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La Sicilia rifiuti le
logiche di una modernità ormai al tramonto, come l'affermazione di
una politica nazionalista sicilianista che rientra nella vecchia
logica riscontrabile nella dicotomia amico/nemico. Recuperi,
piuttosto, quello che di buono è sempre stata: una terra di
pluralità, di differenze, di accoglienza, di amore per la terra, per
l'operosità. La Sicilia del 2013 non deve essere una nazione, ma una
nuova forma di comunità: che integra, senza annullare, le differenze
di ciascun umano venuto a cercare qui la propria vita. E sia allora
una terra di vita e non una terra che minaccia la morte, che ne
accoglie la prospettiva.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
A partire da tutte queste
considerazioni, si può giungere al recupero della dignità di
ciascuno e ad una nuova affermazione della capacità decisoria dei
cittadini, contro le politiche eterodirette dalla cultura di potenza
e di prevaricazione, che invocano la guerra tra popoli, e impersonate
dai governi delle grandi potenze mondiali e dalle logiche
dell'espansione economica. Insomma: si può dire basta alla guerra
che insegue interessi economici a danno di qualcun altro. Si può
dire, si più chiedere, si può pretendere. E la cosa non è affatto
risibile. E' risibile il non avere mai pensato di farlo sul serio. E'
risibile la nostra rinuncia davanti a quello che sappiamo essere una
cosa giusta. Siamo noi stessi ad essere risibili quando scegliamo di
non prendere posizione.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Un mondo migliore, noi,
lo vogliamo affermare a partire dalla resurrezione di un popolo. Quel
popolo che il 30 marzo si ritroverà a Niscemi (CL) per dire che <span style="font-size: small;">non
abbiamo bisogno di antenne militari statunitensi, che servono a
controllare e comunicare ipotesi di morte, occupando le terre di chi,
invece, vorrebbe coltivare la vita. E' il popolo che non vuole
rischiare di ammalarsi di morte, persino nell'altro senso, molto meno
metaforico, della salute dei siciliani. </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBk5Lo_NG2nGSTlrHaaTGzkul6WE1JwPVoFzlc33boeVDL6CV9vAIijmMdv4F4FUB_hKOz1rFfslsDA1pDYnRmuyp0P3SRDd3hoanTFllf2PnG8v6Kt_sshlS2tUybtKNReHWaa-VNg1ej/s1600/logo_no_muos_niscemi.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="101" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBk5Lo_NG2nGSTlrHaaTGzkul6WE1JwPVoFzlc33boeVDL6CV9vAIijmMdv4F4FUB_hKOz1rFfslsDA1pDYnRmuyp0P3SRDd3hoanTFllf2PnG8v6Kt_sshlS2tUybtKNReHWaa-VNg1ej/s400/logo_no_muos_niscemi.png" width="400" /></a></div>
<br />
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il 30 marzo a Niscemi per
dire NO al<b> MUOS</b>.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Si tratta di un sistema
di 3 antenne satellitari del diametro di 18,4 m, funzionanti in banda
Ka per le trasmissioni verso i satelliti e di 2 trasmettitori
elicoidali in banda UHF di 149 metri d’altezza, per il
posizionamento geografico. Il sistema è finalizzato al controllo di
operazioni militari altamente tecnologiche. Scrive Antonio Mazzeo,
giornalista e pacifista messinese: "<style type="text/css">P { </style><span style="font-size: small;"><i>il nuovo
sistema di telecomunicazioni dovrà assicurare il collegamento della
rete militare Usa (centri di comando, controllo e logistici, le
migliaia di utenti mobili come cacciabombardieri, unità navali,
sommergibili, reparti operativi, missili Cruise, aerei senza pilota,
ecc.), decuplicando la velocità e la quantità delle informazioni
trasmesse nell’unità di tempo e rendendo sempre più automatizzati
e disumanizzati i conflitti del XXI secolo. Con la conseguenza di
accrescere sempre più il rischio di guerra (convenzionale,
batteriologica, chimica e/o nucleare) anche per un mero errore di
elaborazione da parte dei computer".</i></span></div>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il Muos - inizialmente
previsto all'interno della base militare di Comiso e spostato a
seguito di uno studio statunitense che ha certificato possibili e
gravi interferenze con le apparecchiature militari e gli ordigni
presenti in loco - dovrebbe essere realizzato nella base NRTF-8
(Naval Radio Transmitter Facility) di Niscemi, presso la Riserva
naturale orientata “Sugherata”.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
I lavori, iniziati da
tempo, sono stati interrotti - per la seconda volta - grazie ad un
accordo tra il governo regionale di Crocetta e il governo della
Repubblica, datato 11 marzo 2013, il quale ha sottoposto l'eventuale
nuovo via libera alla costruzione al rilascio di un parere favorevole
da parte dell'Istituto Superiore di Sanità e dell'Organizzazione
Mondiale della Sanità, in merito ai rischi legati alle emissioni
elettromagnetiche.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Col tempo - la vicenda si
protrae dal 2006, anno della ratifica dell'accordo bilaterale tra
Italia ed Usa -, sono emersi molteplici dubbi sui rischi per la
salute della popolazione, già interessata da forte inquinamento
elettromagnetico per la presenza di 41 antenne all'interno della base
militare, le quali potrebbero essere causa dell'aumento
dell'incidenza tumorale registrata in quella zona.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Nel 2011, uno studio
condotto dai professori Massimo Zucchetti e Massimo Coraddu del
politecnico di Torino, mette in evidenza alcune importanti lacune
dello studio realizzato dall'ARPA Sicilia per il rilascio delle
autorizzazioni da parte del governo regionale. In particolare, i
docenti mettono in luce degli errori di misurazione, l'utilizzo di
strumentazione inadeguata e l'assenza di specifiche tecniche
dettagliate sul Muos, coperte dal segreto militare statunitense.
Questa situazione, e le nuove misure prodotte da Zucchetti e Coraddu,
rivelerebbero una potenziale situazione di rischio per la salute
sotto due differenti aspetti: l'eventuale errore di puntamento delle
antenne; e l'esposizione prolungata ad un campo elettromagnetico di
potenza elevata.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La tesi dei docenti del
politecnico si accompagna alle considerazioni, esposte più volte da
Zucchetti, che le nuovissime pubblicazioni e gli studi sull'incidenza
dell'elettromagnetismo impongono oggi di dare maggiore attenzione al
problema, e di verificare la reale necessità di realizzare un'opera
come il Muos in Sicilia. Ma noi non vogliamo fermarci a queste
considerazioni.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La nuova situazione
creata dall'accordo dell'11 marzo scorso, infatti, è lungi
dall'essere una vittoria: in primo luogo esiste la contrarietà
politica e morale (la ricerca di quel mondo migliore di cui abbiamo
detto e la difesa della terra come luogo di vita e di bellezza),
facilmente messa in secondo piano centrando tutta l'attenzione sulla
questione della salute; e, soprattutto, in riferimento proprio alla
salute, non è da escludere che, a norma di legge e stante il
probabile mantenimento del segreto sulle specifiche tecniche del
Muos, possa arrivare un parere positivo da parte degli enti citati
nell'accordo. Chi, per altro, può dire quali saranno le frequenze e
la potenza reali con le quali opererà il sistema quando sarà in
funzione? E chi può escludere un'ingerenza degli Stati Uniti nel
giudizio da quegli enti?
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Di recente, per altro,
dalle dichiarazioni rilasciate alla Procura di Napoli dall'ex
senatore Sergio De Gregorio - passato dall'Idv al Pdl per far cadere
il governo Prodi nel 2008 - emergerebbero ipotesi inquietanti: ed
esempio, l'interesse e le pressioni della CIA (i servizi segreti Usa)
per la fine dell'esperienza di quel governo, inviso agli americani
per un atteggiamento freddo e ostile su alcune tematiche tra le quali
quella del Muos.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La mobilitazione contro
la realizzazione di quest'opera si è fatta particolarmente
importante negli ultimi due anni, finendo per porre la questione come
tema politico dirimente. Ed il 30 marzo, a Niscemi, verrà ribadita
la contrarietà alla realizzazione del Muos sotto tutti i punti di
vista, cioè quello politico-morale e quello della tutela della
salute e dell'ambiente; i quali, per altro, finiscono per essere
l'uno il brodo di coltura dell'altro. </div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<b>Sebastian Recupero</b></div>
Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-32285969019181586452013-03-06T02:08:00.001+01:002013-03-06T20:24:54.350+01:00Vento dal Venezuela<div style="text-align: justify;">
Nel vento cerco spesso voci e suoni; grida e canti; storie che vengono a spezzare la nostra quiete, sbattute lì nella prima pagina della nostra faccia. </div>
<div style="text-align: justify;">
Stasera, tra le altre cose, ci sento la morte di Hugo Chavez, la sua storia, le sue mille contraddizioni; la voce incerta del Venezuela che verrà.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Volevo scrivere qualche considerazione su tutto questo, ma la verità è che non ho molte parole. Probabilmente devo ancora decifrare la situazione, la storia, il senso ultimo di quello che è stata l'esperienza neobolivarista di Chavez. Forse non ne so proprio molto. E nessuno forse ne sa molto, tranne chi l'ha vissuta dalla parte del popolo e non del potere. </div>
<div style="text-align: justify;">
Ma sento di potermi sbilanciare quantomeno in un pensiero semplice. Il Venezuela di Chavez rappresentava, come tante altre piccole grandi storie politiche, l'idea che si potesse spezzare il monopolio economio e culturale occidentale e statunitense. Non importa che il prezzo pagato per questa opposizione si stato quello di un paese mai veramente socialista, mai veramente egualitario, trasparente, giusto. O meglio: importa, ma non al punto tale da servire quale riconoscimento della bontà del modello di sviluppo liberista e neoliberista. Non a dimostrarci che la democrazia occidentale fa meno morti e rende più felici i suoi cittadini. Perché questa non è la verità. Perché non c'è una verità. </div>
<div style="text-align: justify;">
Troppe contraddizioni e troppi abusi questo Chavez. Ma mai abbastanza per salvare la storia imperialista dei suo nemici, il loro sistema economico e sociale. Le loro anime consumiste e consumate. </div>
<div style="text-align: justify;">
Io non voglio salvarlo, tantomeno lodarlo. Io voglio salvare l'idea... e rinnovarla. L'idea magari tradita dallo stesso ex presidente e dai suoi; condizionata dal difficile quadro della globalizzazione; offesa dal militarismo, dalla divisione dei posti di potere. Ma l'idea che, prima di passare alle mani di uomini che la interpretano nella contingenza, nasce nel cuore e della mente di altri uomini che semplicemente provano emozione e passione nel sognare un mondo diverso.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ecco: l'idea di un mondo diverso; socialista senza riferimenti storici: aggettivo positivo incolore e sentimento di solidarietà e reciprocità. Questa idea sorpassa Chavez e non potrà mai essere spazzata via. </div>
<div style="text-align: justify;">
I governi invece si che passano, che vengono cancellati. E quel che rimane di questo governo bolivarista, prima o poi, verrà cancellato del tutto. Non è un male: la gente ha bisogno di cambiare; di ripartire. Quello che, però, mi dispiace è che noi occidentali non abbiamo mai smesso di essere dei fondamentalisti culturali; che in queste ore stiamo tutti rincorrendo i nostri dizionari e le nostre enciclopedie per raccontare di quanto il Venezuela non fosse un paese "libero"; di quanto mancasse la "democrazia". Senza mai una volta accettare la possibiltà di declinare diversamente queste parole: libertà e democrazia. </div>
<div style="text-align: justify;">
E certamente siamo liberi: di produrre, consumare, credere in un Dio (anche terrestre, razionale) e crepare. Ed abbiamo il potere di eleggere rappresentanti che non possono far altro che garantire che quel principio di libertà si riproduca all'infinito: farci produrre, farci consumare, farci credere in un Dio e lasciarci crepare. Ma allora... dovremmo forse dire che siamo vincolati dalla nostra stessa libertà alla più abberrante delle dittature: quella meccanica dei processi produttivi e di consumo finalizzati dell'arricchimento immorale ma legittimato. E vorremmo giudicare gli altri? Se ne abbiamo ancora facoltà, con tutta la nostra disinvolutura (che comincia a scricchiolare, forse), è perché le nazioni in cui viviamo controllano militarmente e finanziariamente il mondo per difendere questo sistema, concedendoci lo spazio per crederci nel giusto. Per affermare che "stiamo bene; il nostro sistema funziona". Per non far esplodere quelle contraddizioni che la notte addormentiamo con noi; e che ci confondono i sogni.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Soffia il vento dal Venezuela stanotte: un'altra storia di minoranza, di contrarietà, di opposizione ha le ore contate. Ma suona alle nostre finestre la voce mai spenta del socialismo, di un mondo più giusto che forse non verrà mai, ma vivrà per sempre nei tentativi e nei fallimenti delle donne e degli uomini che hanno saputo scegliere la strada più difficile. </div>
Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9063406963165911043.post-90857811682709566942013-02-26T04:02:00.002+01:002013-02-26T04:02:35.547+01:00ancora.<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="http://www.youtube.com/embed/GIftnRiKQRk" width="420"></iframe>Defenderhttp://www.blogger.com/profile/17214550335440752495noreply@blogger.com0