E' da un po' di tempo che penso di scrivere un articolo così. Adesso forse è giunto il momento di farlo.
Il tema, e stavolta non posso proprio evitarlo, è quello delle prossime elezioni amministrative.
Premetto che da circa un anno (e forse più) vedo troppo "movimento" attorno alla consultazione elettorale: nascono numerosissimi gruppi, associazioni più o meno reali, si presentano innumerevoli candidature alla carica di sindaco...ma sono certo che la parte più bella e divertente (o meno divertente) sarà la conta di cittadini pattesi che abiscono al Consiglio comunale.
Badate, al di là del fatto, puramente testuale e anche filosofico, per cui si dice che tutti i cittadini possono fare politica e ricoprire cariche, anche amministraive , credo che questa cosa, in effetti, non sia vera. Non tutti posso fare politica. Lo dico assumendomene la responsabilità e lo confermo: non tutti possono, non tutti devono.
In questi mesi ho visto un po' di tutto e francamente sono nauseato. Non perché penso di essere io il detentore della verità, quello che in assoluto ha sempre ragione mentre gli altri hanno torto. Anzi. Io faccio, piuttosto, un discorso politico nel suo senso più complesso e ampio.
Innazitutto analizziamo il problema. Patti è un centro della costa tirrenica della provincia di Messina nel quale da anni si sono smarrite l'identità e le vocazioni. Non riesce più, la nostra amata città, ad avere una serenità ed un orgoglio, che pur ha conosciuto in tempi lontani, che la rendano capace di essere produttiva (e con questo non si vuole accennare solo ad una effimera materialità) ed attrattiva. Attattiva di risorse di vario tipo, di contaminizioni sociali ed economiche. Produttiva di idee, beni e servizi che ne sanciscano una autosufficienza che, sola, può fare da trasporto per tutte le altre istanze del vivere umano. Una città energica e, scusatemi per il termine poco ortodosso, "frizzante". Che sia colpa solo delle ultime Giunte e degli ultimi sindaci (e vicesindaci!) che ci hanno guidato è tutto da vedere - e lo so che sembra strano detto proprio da me -. ma di certo sappiamo che con la mediocrità e l'insufficienza culturale e politica di Gullo, Venuto e affini, i problemi veri della città (quelli profondi) sono tuttì lì, ancora irrisolti. Non è solo questo ovviamente, penso di saperlo bene, ma preferirei parlarne più avanti.
Ora, la poltica non è il discorso fatto al bar. Essa prevede almeno due componenti operazionali alle quali non può rinuciare: l'idea e le competenze. Ma anche in questo caso occorre precisare qualcosa: per idea, il sottoscritto (e moltissima gente che io sono solito frequentare, anche attraverso libri di vario genere), è, e deve essere, la semplificazione terminologica di "modello ideale". Non parlo infatti di avere un'idea su dove costruire una nuova strada e come, o su quale nuova opera avveniristica "regalare" al nostro comune per rilanciare non si sa poi cosa. Parlo dell'idea complessiva della vita di una città. Del suo presente e del suo futuro.
E aggiungo: di questa idea "direzionale" e "contenitore", bisogna prevedere l'impossibilità di una sua corruzione con metodi e azioni derivanti da altre idee. E' necessario adesso abbandonare la definizione, forse imprecisa, di "idea" per farla diventare "sistema ideale". Questo cambio di definizione serve a chiarire i termini del discorso ulteriormente: un "sistema", di fatti, - cito wikipedia - "nella sua accezione più generica, è un insieme di entità connesse tra di loro tramite reciproche relazioni visibili o definite dal suo osservatore umano o da una rilevazione strumentale ripetibile". In parole povere è una costruzione perfetta dove, dall'inizio alla fine del suo processo, si mantiene una coerenza di fondo. Tutte le parti del sistema sono quindi coerenti.
Se parliamo allora di sistema ideale in politica, possiamo affermare che tutte le azioni di una amministrazione o di un governo devono essere coerenti tra loro e tendere tutte al medesimo obiettivo.
Bene, abbandonando le vie terminologiche, dopo aver analizzato un possibile modello dell'agire politico, torniamo, per gradi, alla nostra realtà.
E' la realtà è che quando l'approccio sopra citato non è praticato nel mondo della politica, succede quello che sta succendo a Patti. Per dire la verità il problema non attanaglia solo la nostra comunità, ma tutto il tessuto nazionale e, forse, globale.
Anche se conosco già le critiche che verranno condotte su di me e sul mio pensiero, ritengo di dover dire quello che penso, e cioè che la fine forzata delle ideologie, non solo nelle loro manifestazioni storiche, ma della possibilità della loro esistenza, ha comportanto uno smarrimento che ci ha da tempo condotti ad un nuovo medioevo.
E' ascrivibile alla caduta delle ideologie l'incapacità di condurre una vita politica ordinata e scrupolosa.
Certo, riflettere su questi temi in una realtà come quella di Patti che si avvia ad un cambiamento ancora fittizzio e inconcreto, non è un'operazione di grande impatto: ma per me è irrinuciabile parlarne, abituato come sono ad avere una idea organica della vita del mondo e cosciente del fatto che una borsa di plastica gettata in mare a Palermo determinerà effetti anche tra le montagne del Tibet.
Ora, perché ci lamentiamo di Gullo e Venuto? Perché essi non hanno saputo condurre il treno cittadino su binari saldi che avessero una stazione di arrivo chiaramente definita. Ma questa cosa, a ben vedere, la pensiamo in pochi: piuttosto l'opinione comune volgare (da bar) è "non ficiuru nenti".
E' necessario sconfessare questa gente in quanto questa amministrazione ha fatto un sacco di cose (senza ironia). Peccato che, oltre a quelle relative alla gestione dello staus quo - non tutte brillantissime -, le cose che dovevano determinare un cambio di rotta non hanno avuto nessun senso, perché fuori da ogni contesto sistemico e casuali. Per altro l'unica vera idea, o approccio sistematico ad un progetto, è stato cercare di realizzare il motto "Patti, città dei servizi".
E a ben vedere questa "città dei servizi" non è gran cosa: non sappiamo dove sia stata relegata la qualità dei suddetti e se alcuni sono davvero utili (vedi facoltà di Giurisprudenza).
In effetti, tutte le cose "nuove", a dirle, sono belle e positive: "facciamo un aereoporto!"; "costruiamo il ponte da Patti a Lipari!"; o, per non esagerare e restare nel campo delle idiozie reali "facciamo il porto!" oppure "riapriamo il carcere". Certo, i posti di lavoro così li creiamo, ma se, tra qualche anno, queste mostruosità cominciano a non funzionare più... i costi chi li paga? E quanto saranno salati? Il punto è che poi queste cose si avverano... e quando si avverano comincia la battaglia, irrazionale e orgogliosa, per salvare questa o quella "situazione".
Per cui ritengo che chi amministra debba saper leggere il libro di Patti (non me ne voglia De André) e del suo comprensorio, per disegnare e modellare sulle proprie esigenze e sulle proprie peculiartà un futuro sostenibile.
Un futuro che, torno a dire, deve essere inquadrato ideologicamente in modo più forte, anche in contrapposizione con i modelli di sviluppo, o con i metodi, che si sono predicati altrove. A questo proprosito, costruire una nuova identità della nostro comune partendo da quello che ci hanno lasciato i nostri avi, ci consentirà di trovare un equlibrio e uno stile di vita tutto nostro, particolare e anche affascinante. Affascinate perché la prospettiva da inseguire non dovrà essere l'omologazione ad altre città e ad altre realtà , ma la diversità.
Per questo, e per il fallimento del modello economico e culturale capitalistico, reputo delle idiozie : le economie basate sul cemento fini a loro stesse; i centri commerciali che siano tempio del consumo e che, dopo aver ucciso la rete del micro commercio cittadino, andranno in fallimento; i porti che non si sa bene, al di là del solito discorso facilotto sulle isole eolie, chi debbano portare e perché; le carceri come fonte di economia per una città; e tutto quanto ci sia di affine.
Detto ciò, andiamo oltre. Tanto si sa che "sono lungo".
Voglio ripartire da questo assunto: Gullo e Venuto non sono il problema, ma la conseguenza del problema.
Quindi stiamo cercando qualcosa più profondo. Qualcosa che, in fine, ha a che vedere con la nostre virtù civiche. Infatti, se tutti noi cittadini pattesi fossimo dei virtuosi della civitas (e credessimo nelle istituzioni... che chiamiamo in causa solo per qualche danno che ne riceviamo) innazitutto non accetteremmo di essere pagati per votare questa o quella persona: è sintomo di subalternità ai gruppi di potere e non di furbizia. In oltre ci idigneremmo: perché la città è sporcata da concittadini incivili e le istituzioni non provvedono a redarguire nessuno; perché le nostre spiagge sono sporche; perché in mare ci finiscono fogne abusive; perché ci sono discariche nei nostri torrenti; perché al comune non ci forniscono i documenti che ci servono in tempi brevi; perché in Consiglio comunale ci vanno persone che a volte non capiscono nemmeno di cosa si parli o che non sono mai intervenute su nessun tema perchè incapaci e analfabeti; perché i beni pubblici di utilità e quelli artistici vengono abbandonati a loro stessi; perché forse esiste la possibilità di farsi annullare una contravvenzione; perché l'unico servizio sul quale si doveva spingere di più a Patti è il Liceo scientifico (mentre aumentava il suo numero di iscritti) e invece non si è fatto; perché si è costruito ovunque, e a dismisura, facendo gli interessi della massoneria e dei costruttori e deturpando irreversibilmente l'ambiente; perché c'è una cazzo di concattedrale verde a forma di pattumiera e nessuno sa a che cosa serve realmente; perché si conferiscono cittadinanze onorarie a volte in modo ambiguo e a volte senza cognizione di causa a personaggi dubbi o comunque irrilevanti per la città, i suoi sentimenti e la sua costruenda identità; perché un sindaco così...davvero non si può. E tante altre cose.
Ma non ci indignamo... perché a noi, in fondo, non interessa altro che di noi stessi. Si, è così.
E perché molto spesso abbiamo tratto benefici da questo stistema. Ovviamente tutti benefici fittizzi e momentanei.
E poi però ci sono quelli che vogliono "cambiare": perché è giusto,
perché "adesso basta", perché "non ficiuru nenti", perché si può fare
questo, quello e quell'altro. Ma, nella sostanza, come intendono
cambiare? Andando ancora una volta a portare il consenso ai sistemi di
potere che hanno generato i mali della società odierna, in modo più o
meno evidente?
"Cambiamo", dicono in molti: ma dovremmo cambiare
davvero, non solo con le intenzioni e proponendo la nostra alterità come
la cosa sicuramente migliore. La soluzione, a volte, rischia di essere
peggiore del male. Noi rischiamo di essere peggiori di Gullo, se non ci
decidiamo per un cambiamento complessivo nel metodo, nei contenuti di
fondo (e non sono nelle applicazioni superficiali), nella direzione e
anche nei nomi della gente con la quale si ha a che fare.
Io
detesto chi è amico di tutti. Non si può essere amici di tutti.
Figuartevi come detesti chi pensa che la politica sia univoca e che le
azioni politiche possano essere condivise nello stesso modo da tutti.
Non esiste una "politica del fare": è una finzione post-ideologica e
berlusconiana. Esiste la politica. Punto.
Molti nuovi gruppi contro
Gullo e Venuto parlano di clientelismo solo adesso (all'improvviso è il
tema giusto per buttare giù dal cavallo quelli che per ora comandano) -
comunque dico "finalmente!"- e si adoperano nel citare quello che
l'amministrazione poteva fare e non ha fatto. Ma cazzo, non basta.
Ma chi è il cambiamento? quelli che hanno la tessera dei partiti che hanno sperperato (e intascato) i soldi nell'ATO ME 2?
Quelli che hanno la tessera del partito che ha creato gli ATO?
Quelli che hanno la tessera di partito degli stessi politici che hanno piazzato i loro uomini negli ospedali?
Quelli che hanno la tessera del partito che ha distrutto questa regione e questa provincia?
Quelli che hanno la stessa tessera di partito di chi non ci hanno fatto realizzare il Liceo di Patti?
Quelli che hanno la tessera di partito dei mafiosi condannati a 7 anni per mafia?
Quelli
che hanno la stessa tessera dei partiti che hanno fatto clientela e
assistenzialismo con minor forza qui in città, ma con più forza negli
altri enti e paesi?
Quelli che vi hanno fatto fare il corso di formazione, istituito ad hoc?
Quelli che organizzano le sagre e le feste per dare la parvenza di amare la città?
Quelli che vi volevano privatizzare la gestione del servizio idrico?!!
Quelli che sono inseriti nei sistemi di poteri a tutti i livelli?
Quelli
che prima sono stati eletti per stare in un sistema di potere, con i
metodi di chi è eletto per clientela, e poi fanno gli oppositori solo
per divisioni interne??
Questo è il cambiamento?
Allora,
mi rivolgo a tutti i pattesi che stanno, in questi giorni, preprandano
le proprie liste ed i propri programmi: cercate di capire fino in fondo
quello che state facendo e dove state andando!
Tutto quello che ho scritto fino ad adesso, in effetti, doveva essere solo la prmessa del discorso che volevo fare! Credo che mi toccherà, da ora, essere molto breve. Brevissimo.
Il titolo del post l'ho messo subito stavolta, prima di scrivere. "Stiamo, di nuovo, sbagliando tutto". Esso si riferisce sicuramente all'impostazione che ho di sopra cercato di descrivere. Ma contiene anche un appunto (e forse più di un appunto) sulla strategia perseguita dagli oppositori in questi mesi che precedono le elezioni.
5 o 6 candidati alla carica di Sindaco sono sicuramente un fatto interessante. Ancora più interessante saranno le centinaia di persone candidate al Consiglio comunale.
Chi mi conosce sa che sono decisamente contrario alle Sante alleanze contro il nemico comune. E in effetti esse non hanno mai funzionato perché, soprattutto, con i presupposti che vediamo solitamente, perdono i caratteri dell'azione politica organica di cui ho detto all'inizio.
Però, rimandendo fedele al principio della necessaria diversità e eterogeneità dei gruppi e delle idee, non posso non notare come qui si sia arrivati all'eccesso opposto. Non tanto perché i candidati siano troppi (e lo sono, per una cittadina piccola) ma perché metodologicamente si è partiti dalla volontà individuale, e, fatemelo dire, dalla presunzione personale, di candidarsi rappresentando una vera, pura, identità alternativa. Da questo discorso escludo chi per me non rappresenta minimamente il cambiamento cioé Mauro Aquino e Luigi Gullo. Essi sono l'espressione di una base che li ha voluti e li vuole. Mi spiace molto.
Gli "outsiders" (non parlo dei candidati, ma della gente che fa politica in un certo modo) se davvero non sono l'espressione di nessun gruppo di potere e/o partito politico che ci ha governati a vario livello, hanno il dovere di incontrasi tra loro per capire se i loro obiettivi sono comuni, se le loro strade sono compatibili e se riescono a trovare un sistema di idee unico. Se poi non ci riescono... ognuno andrà per la sua strada.
Ma prima del candidato viene la politica. Il candidato (come i sindaci e i vicesindaci attuali che sono espressione del problema) è espressione di qualcosa: in questo caso di una certa politica alternativa.
Voglio solo fare una considerazione, senza aggiungere altro nel merito: io non credo che Enzo Russo, Carmelo Favazzo e qualcun altro, sulle idee non troverebbero convergenza. Certo non posso affermarlo con certezza, ma è probabile. La dialettica, la discussione reale sui temi, le azioni e i punti di vista ideologici o ideologizzati, può comportare la nascità di una direzione politica anche forte.
Purtroppo spesso si fa di testa propria e si perde un'occasione.
Ora, voglio precisare che non sto invocando nessuna alleanza, ma semplicemente denunciando un rito inutile come quello dell'affermazione egoistica della propria individualità.E questo succedoeperché la poltica si fa solo quando ci sono le elezioni in vista!!!
Sulle associazioni e i gruppi che sono sorti a ridosso delle elezioni vorrei solo commentare che, alcune di esse, stanno facendo passare un'idea qualunquistica dell'azione politica e che invece, dovrebbero selezionare con serietà sia gli alleati, che le idee, che i sentimenti, che le persone che proporranno quale nuova classe dirigente. Personalmente nemmeno io, che pure potrei dare la parvenza di uno che di politica ne mastica, mi sento molto sicuro di saper adempiere ad un mandato così importante come è l'amministrazione cittadina, foss'anche nel ruolo del consigliere comunale. E lo dico, badate, non per modestia o falsa modestia ma perché realmente alle volte ho paura di non saper interpretare bene quel ruolo che le nostre democrazie conferiscono ai rappresentanti del popolo. E penso che, un socialista un po' anarchico come il sottoscritto, non possa stare bene in mezzo a quella cosa difficile da capire e da mediare che è la politca operativa, avvolta, per altro, da corruzione e interessi di vario genere.
Molto spesso, in fine, succede che la volontà di agire riesce a prendere il sopravvento e a sollevarmi da queste paure, conducendomi anche di fronte alla prova, dove correrò il rischio di fallire tutti gli obiettivi ma anche quello di realizzarli.
Mi rammarico e mi deprimo solo quando vedo che tutti possiamo fare politica.
Alla fine non so cosa accadrà. Non so nemmeno cosa farò io.
Intanto, senza nascondermi, cerco di comunicare sempre le mie istanze e le impressioni. In modo tale da non poter lasciare nemmeno il dubbio che tutte le mie scelte non siano e non saranno dettate da una certa coerenza. Forse non si potrà mai essere del tutto coerenti: però in questo, l'autorevolezza aiuta. Spero, un giorno, di diventare autorevole nel pensiero e nelle azioni ad esso sottese, senza mai invischiarmi tra le spire del potere.
Sebastian Recupero