In particolare la regione di Aysén, sulla punta australe del continente, è una zona fondamentale per gli ecosistemi unici che ospita, per le foreste native e le numerose specie endemiche che la caratterizzano. Su questo territorio di 108.949 km2 (un terzo dell’Italia) fino a poco tempo fa totalmente incontaminato, oggi vivono poco più di 90.000 persone, con una densità abitativa fra le più basse al mondo (0.8 abitanti al km2). La maggior parte della popolazione vive nelle aree rurali e l’economia della regione si basa essenzialmente sull’allevamento, l’agricoltura e l’ecoturismo.
Per millenni l’uomo ha vissuto su questo territorio in armonia con l’ecosistema, ma negli ultimi decenni l’incremento demografico ha aumentato la pressione delle attività umane a causa dell’intensificarsi di pesca, allevamento e deforestazione. Nonostante la densità di popolazione della Patagonia rimanga una delle più basse al mondo, le attività umane hanno avuto nell’ultimo secolo impatti rilevanti provocando un uso sempre più intensivo delle terre ed una progressiva diminuzione delle risorse biologiche.
Il prezioso e fragile ecosistema è quindi oggi sempre più minacciato dallo sfruttamento forestale e idroelettrico, dall’estrazione di idrocarburi e minerali e dagli allevamenti intensivi. A questo si aggiunge la nuova minaccia rappresentata dal cambiamento climatico. Il ritiro dei ghiacciai aumenta infatti pericolosamente, alimentando a livello planetario una crescente aridità delle zone interne e frequenti inondazioni nelle zone costiere.
Proprio in questa terra meravigliosa, nella quale mi riservo di programmare un viaggio prima possibile, si compie come già accennato la follia dell'uomo: al nord del Cile serve molta energia (si vuole raddoppiare la produzione nazionale) per scavare nelle miniere ed estrarre gli importantissimi minerali, tra i quali il litio (serve per tutte le batterie del mondo e servirà per le automobili elettriche, un mercato a venire). Quindi si è pensato bene di trovare questa energia proprio qui con un fitto sistema di dighe lungo i fiumi Pascua, Baker e Salto. Ora, prima di inserire anche un altro elemento di riflessione, vorrei brevemente ricordare che con le dighe mutano moltissimo ed in modo irrimediabile le caratteristiche ambientali e gli stili di vita, a catena, di tutta la nazione e poi di tutto il mondo. Di operazioni "pazzesche" l'uomo ne ha già fatte troppe e ne paghiamo ogni giorno le conseguenze (questo mondo ormai mi fa paura, non è più puro non è più naturale...non mi fido di quello che respiro, né di quello che mangio), non credo ci sia bisogno anche di questa. Così come non c'è bisogno delle dighe in Brasile.
Per tornare agli impatti di queste dighe in Cile bisogna dire che: a livello ambientale l’inondazione delle zone rocciose e dei boschi provocherebbe la perdita dell’ habitat di numerose specie animali che vivono lungo i due fiumi, dai grandi mammiferi ai più piccoli insetti e anfibi. Le paludi della valle del Baker sarebbero completamente inondate mettendo in pericolo la riproduzione e la nidificazione dei numerosi uccelli della regione.
Gli sbarramenti altererebbero la composizione chimica dell’acqua trattenendo alghe, microrganismi acquatici ed altri nutrienti necessari per i pesci ed i mammiferi che abitano i fiumi. La linea di trasmissione rappresenterebbe un ulteriore pericolo per gli uccelli della regione in quanto barriera al loro libero spostamento.
Oltre agli impatti negativi sull’ambiente, a livello socioeconomico l’espropriazione delle terre per far posto ai bacini ed alle infrastrutture idroelettriche priverà le comunità del loro unico mezzo di sussistenza costringendole a trasferirsi altrove. Buona parte dell’insediamento abitativo di Cochrane, il terzo per dimensioni della Patagonia, verrebbe sommerso. Tale cambiamento causerebbe gravi perdite alla pesca, all’ allevamento e all’ecoturismo, motore economico dei municipi di Cochrane, Tortel e O’Higgins.
L'America latina è luogo di grandi conquiste da parte del Capitalismo, il quale spera di trovare nuovi terreni da assoggettare del tutto e da spolpare vivi restituendo una falsa ricchezza. In realtà ha già cominciato da tempo: oggi siamo alla fase avanzata, quella per cui tutto appare più giusto e necessario. Necessario è rovinare gli ecosistemi, necessario è abbattere gli alberi...perché abbiamo bisogno di energia. Per scavare. Per estrarre. Per fare poi cosa non si sa. Una ricchezza finale che per strada avrà abbattuto il suo valore che si può rintracciare solo nella natura.
Mi rimane da aggiungere un ultimo elemento: in Cile l'acqua dei fiumi e dei laghi è stata privatizzata da tantissimi anni ed è controllata da grandi multinazionali dell'energia, tra le quali l'ENEL. Ecco perché non si punta sulle energie rinnovabili come il sole o il vento (nella Patagonia di vento ce n'è quanto ne volete!) ma sull'energia idro-elettrica: perché l'acqua è già privata e non è tutelata dalla Stato. L'Enel, praticamente, possiede il 96 percento dell'acqua cilena! Cioè può sfruttarne il 96 per cento con l'unica clausola che l'acqua utilizzata venga interamente reimmessa nell'ambiente, anche se non necessariamente nello stesso luogo e ovviamente non nelle stesse condizioni.
Mi viene in mente che le nostre piccole battaglie per l'acqua pubblica non sono poi così piccole. Rappresentano una forma di resistenza all'imperialismo economico, alla distruzione della vita sentimentale, vera...e non artificiosa e artificiale. L'acqua è oro (credo, a bene vedere, che sia più importante di quello che si estrae nelle miniere cilene...) ma questo oro deve rimanere di tutti, perché è l'unico che permette la vita.
Ma trovate qui i video da guardare, l'inchiesta di Rainews24.
http://www.rainews24.rai.it/it/video.php?id=21420
http://www.rainews24.rai.it/it/video.php?id=21421
Senza troppo impegno ma con un po' di passione,
Sebastian Recupero e le sue fonti.
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