I temi della convivenza civile e dell'organizzazione sociale sono stati e sono lungamente dibattuti da politologi, sociologi, filosofi, storici e opinionisti di mestiere o occasionali. Mi par chiaro che sia stato e sia impossibile affermare una verità univoca, un comportamento giusto tout court. Partendo da questa semplice affermazione dovrò, ahimè, opporvi un senso del bene e del giusto che sta nel tempo in cui si trova e che incomincia nel momento in cui una rottura storica, una guerra, una crisi civile ed economica ha determinato un inizio nuovo. La nostra storia nuova ERA la democrazia liberale con suffragio universale. La nostra storia nuova si è qualifica come unica e vera Democrazia. Dal 1948 l'Italia è una repubblica democratica, purtroppo fondata sul lavoro, che tutela la libertà individuale e collettiva. Bene: guardatela oggi questa legge dell'uomo, troppe volte inchiodata ad un legno [paragrafando De André]. Cioè messa in croce dagli stessi uomini che vanno, teoricamente, a difenderla e a darvi modo di esprimersi; e in genere messa in croce dall'uomo.
La nostra storia nuova, quindi, rischia di essere già finita.
Come doveva funzionare? Questa democrazia e la libertà di cui doveva esser portatrice prometteva il riscatto dal bisogno e la possibilità per ogni uomo, anche per i meno abbienti, di poter essere uguale a tutti gli altri, almeno potenzialmente; di avere tutti, cioè, la possibilità di migliorare la propria condizione sociale e di "scalare" la gerarchia sociale. Senza qui dilungarmi su questa teoria, dirò semplicemente che la ritengo da tempo anti-egualitaria e, nell'ammissione e reiterazione delle classi sociali, concausa del mantenimento dei monopoli della potenza economia e sociale delle élites o delle classi più abbienti. E abiette.
Ma, dicevo, doveva garantire che gli uomini determinassero la propria vita in libertà. Addirittura, con una conclamata partecipazione di tutti (suffragio universale), gli uomini, nel nostro caso gli italiani, potevano partecipare alla gestione della cosa pubblica delegando al parlamento e al governo il potere. Questi parlamentari e ministri, rappresentanti e portatori delle idee e delle necessità del popolo, avrebbero lavorato per l'interesse di tutti e secondo la ideologia (ovvero il modello sistemico o meno di organizzazione sociale) che rappresentavano.
Ho raccontato davvero semplicisticamente questa storiella, e certo non sono io a poter fare lezioni di scienza politica, filosofia o diritto. Semplice dunque, ma corretta.
Ecco, mi pare che la democrazia e libertà muoiano ogni santo giorno nella guerra di tutti contro tutti dettata dalla sopravvivenza economica e dal ripudio degli stessi istituti che l'uomo intende chiamare a sé solo in occasione di un qualche problema che lo turba, salvo reiterarne le possibilità di essere inefficienti e ingannevoli... sempre a proprio uso e consumo.
Di certo la democrazia - esclusa quella notissima Cristiana - dalle nostre parti non ha mai nemmeno provato ad esistere. Cioè nessuno gli ha dato vita. Dov'è?
Per le elezioni comunali, nelle quali si invoca da più parti la trasversalità politica (intendendo non si sa poi quale operazione, la trasversalità tra che cosa) si dice, a parziale giustificazione della voglia di non cambiare le cose, che in questo tipo di competizione tutto è diverso, che intanto bisogna cambiare la compagine amministrativa e partire verso il cambiamento. O meglio, verso la novità. Ma, a mio modesto avviso, anche in occasione delle altre competizioni elettorali, andando avanti così prenderà piede (del tutto) questa idea. Così persino le distinzioni ideali si esauriranno e si lascerà spazio unicamente all'orgia caotica della spartizione del potere che ha a che fare con tutto, meno che con la politica.
Ad ogni modo, siccome ho cominciato a scrivere senza un vero e proprio obiettivo, andrò a caso.
Sono sempre stato combattuto dallo scontro tra due differenti opzioni: agire o non agire. In seno alla politica istituzionale, s'intende. Non sono riuscito a vincere questa mia difficoltà decisionale per vari motivi.
In primis non credo nella democrazia come ce l'hanno insegnata a scuola, non credo nella democrazia liberale. Credo in altre forme di democrazia, anche meno comprensibili di quella odierna. Ho una visione anarchica, socialista, libertaria. Indecifrabile. Non reggo molto i partiti, nemmeno quelli di cui ho fatto o faccio parte. Non reggo la meccanica della società fondata sul lavoro e sul consumo e non amo la burocrazia, la polizia. Ma questo posso anche metterlo da parte, perché, come detto in apertura, ogni cosa è giusta nel suo tempo. E oggi dovrebbe esser giusto così. Certo però che non posso dimenticare di avere altre fedi o di non averne nessuna, posso solo cercare di recepire il meglio, il significato migliore, di questo modello sociale. E quindi mi sono detto spesso "se la vita è adesso, allora bisogna agire" .
Quindi più che è un fatto di destra e sinistra, più che un fatto di competenze, più che un fatto di ingegno nel creare le giuste politiche....rimane un fatto di moralità. E di etica da parte dei politici.
La mia contestata anti-italianità, definita "moda" da chi un giorno la pensa in un modo e il giorno dopo in un altro, quando dissi che non me ne fregava nulla dei 150 anni dell'unità e che anzi contestavo questa patetica festa, era evocata alla luce del fatto che non ho paura, oramai, di creare disordini sociali e incertezze. Mi interessa mettere tutto in luce. Mi dicono c'è il rischio che non regga più nulla, che c'è il rischio di generare scompiglio. Ebbene che si crei lo scompiglio. Che crolli tutto, se tutto è ancora così e non è cambiato.
Questi 150 di Italia sono un vero schifo: un nord arricchito alle spalle di un sud asservito e della mafia, che voleva e vuole solo la tutela del suo potere. Oggi prevalentemente economico.
Se manca il coraggio, quello che in pochi hanno saputo dimostrare in questa nostra Sicilia, come quello di Peppino Impastato; se manca il coraggio di denunciare anche il male che si muove tra le mura della propria sopravvivenza di giovane cittadino che vuole essere libero; se manca la voglia di far cominciare davvero una nuova storia, affrontando le difficoltà e non avendo paura delle incertezze; e se manca la verità....allora lasciamo perdere: io faccio la rivoluzione da solo, la mia rivoluzione personale. Per non sentirmi più dire che sono giovane e che sono troppo idealista...che bisogna solo agire; che bisogna accettare questo, quello e quell'altro. No, io non ci sto, rimango un idealista. Perché blaterate di democrazia e non la conoscete. Non la volete.
Tenetevi la trasversalità, tenetevi la necessità di dover accettare le cose. Tenetevi la necessità di non fare male a nessuno e quindi fare male a tutti. E per sempre.
Tenetevi l'idea del cambiamento a queste squallide elezioni. Ma non cambierete un cazzo.
Tuttavia, se rimanendo come sono posso provare a dare un contributo per la ricerca di un progetto di verità, allora lo farò. E l'ho fatto anche stavolta. Il movimento politico di cui faccio parte ha scelto di sostenere un progetto politico, non senza difficoltà; ma ha scelto qualcosa di sensato. Anche io ho deciso di scegliere: ma se l'idea della legalità e la necessità della verità non saranno volute con forza da questa coalizione (eppure sono certo che il vero cambiamento per tutti i fautori di questo progetto politico è proprio questo) me ne potrei andare. Non ho problemi. E non voglio averli. Perché non sopporterei di non poter più fare la critica morale e di non poter avere più i miei toni e i miei contenuti. Ma sono tranquillo, anche se un po' freddo rispetto alle competizioni elettorali di un popolo che non cambia.
Io nel movimento politico ci porto varie istanze, pure quelle contenute in questo scritto. E questa credo debba essere la natura di quel movimento: la libertà di pensiero. Per conto mio so solo che tutte le mie azioni sono poste in essere per servire all'idea di libertà. E parlerò sempre liberamente. Così faranno anche tutti gli altri, credo.
E così solitamente faccio nei partiti che frequento e ho frequentato.
Tutto questo per dire che se ogni volta che vogliamo portare avanti un'idea la dobbiamo limare e limitare, alla fine del percorso ci sarà tutto, ci sarà la struttura, ma non ci sarà più l'idea. E se invece di piegarci ai partiti, tutti insieme pretendessero che i partiti si pieghino alla vita e alla libertà? Abbiate il coraggio di dire la verità. Solo così si può fare tutto. Solo la verità. Sempre la verità.
Credo di aver rifiutato tantissime cose nella vita e di essere tornato indietro sui miei passi così spesso da non poterlo più contare. Non perché avessi cambiato idea - alle volte anche- ma perché la mia idea si scontrava con quello che stavo facendo. Perché la verità non si poteva più dire per intero: solo quella che conveniva a noi era lecita. E voglio specificare che ho frequentato partiti di sinistra, figuratevi dunque a destra, dove c'è proprio il pensiero unico istituzionalizzato. E' questa, in ultima istanza, una malattia comune della democrazia e dell'uomo, appunto. Non credo nei partiti? Forse non credo negli uomini che si organizzano in centri di potere.
Intanto mi rivolgo a quelli che blaterano di democrazia e di cambiamento e non sono nemmeno in grado di cambiare se stessi, poiché, in fin dei conti, a loro va bene così. Ebbene, tenetevi l'unità dell'italia borghese e di cartone! Qui in Sicilia il tempo non è passato: eravamo vittime dei baroni prima di Garibaldi, siamo vittime dei baroni oggi. Più di prima.
Se bisogna vendere la propria dignità e scambiare i propri reati, i propri errori o, addirittura, i propri diritti con un voto... allora si: la situazione è peggiorata. Altro che cambiamento.
Discorrete di politica come di calcio... e messi alla prova non fate mai un goal. Soli, davanti alla porta vuota. Purtroppo la politica, e in questo caso la democrazia, non è un giuoco; non si può parlare tanto delle cose che non vanno e alla fine vendersi la partita. Le conseguenze sono molto più gravi.
Ecco, le conseguenze delle vostre azioni, del vostro comportamento morale sono quelle che vedete: l'arretratezza, il sottosviluppo. Bravi. Ma si, tanto facciamo il porto.
Anzi, approfittate delle elezioni per costruire un palazzina abusiva prima che poi approfitti troppo la lobby del cemento che è già candidata nella fiera elettorale); fatevi togliere le multe; fatevi dare le licenze; fatevi asfaltare la strada sotto casa; fatevi pagare l'affitto; fatevi assumere in qualche centro commerciale (e magari fatelo anche voi, tutori della legge). Andate, fate.
Badate, prima di avercela con i politici...dovete avercela con voi stessi.
Io odio la gente che blatera. E amo la vita.
Però voglio ancora provare ad amare l'umanità. Ma se non decidiamo assieme di fare la scelta più difficile, non potrò. L'odio vince sull'amore... se non si sceglie davvero.
Non fate vincere l'odio, non tanto il mio, piuttosto l'odio di tutti quelli che furono i pazzi, che furono gli impiccati, gli ultimi, gli invisibili.
Buttate a terra questo sistema. Chiedete a gran voce la libertà.
Ve ne prego.
Sebastian Recupero,
in una delle sue peggiori performance. Ma non importa.
Sottoscrivo ogni singola parola! Ottima analisi Seby, come sempre.
RispondiEliminaArmando Di Carlo