LA
NOSTRA SICILIA, IL NOSTRO MONDO:
UNA TERRA DI PACE, DI
ACCOGLIENZA, DI SVILUPPO SOSTENIBILE, DI OPEROSITÀ, DI
RESPONSABILITÀ CONDIVISE E DI GIUSTIZIA.
Questo è quello che
abbiamo in mente. Questo è l'impegno che assumiamo con le nostre
singole esistenze: stare al mondo e vivere tutta una vita, dai
piccoli gesti della quotidianità alle grande azioni collettive, per
affermare il bisogno di essere migliori. Tutti quanti. Dare un senso
alla nostra esistenza nella ricerca di un destino comune del mondo.
Farlo davvero, senza più i vecchi riti della politica, gli egoismi
della nostra vita individualizzata, la paura di cambiare che ciascuno
di noi coltiva inconsciamente dentro di sé, non per il timore che la
strada sia sbagliata ma perché spesso il cambiamento appare come una
privazione; come la perdita di una posizione sociale.
Bisogna domandarsi se le
nostre vite, spesso imperniate attorno a riti di consumo e alla
convinzione che la verità sia una sola, non sarebbero migliori
stringendo un nuovo patto e superando insieme la paura di un
cambiamento; tentando di affermare una nuova etica e un pensiero
differente; o meglio una pluralità di pensieri. Uscire dalle forme
attuali, cerarne di nuove.
Questa vita che viviamo è
la migliore che possiamo?
La crisi economica di cui
tanto si è parlato non nasce nel 2008, viene da lontano: da quando
l'uomo è diventato degno della sua umanità solo se considerato in
termini economici; e poi da quando l'economia è diventata carta e
bytes, scavalcando l'uomo stesso. Cosa che ci ha condotti a vivere
delle vite al di sopra delle nostre possibilità – “vite che non
possiamo permetterci”, direbbe Bauman – ed ha generato solo
grandi disuguaglianze. Purtroppo è vero quel dato spesso preso
sottogamba - o considerato secondario rispetto ai vari PIL, PNL,
spread etc. – per cui, secondo il più recente “Global Wealth
Report” di Credit Suisse, lo 0,5% di persone più ricche controlla
più del 35% della ricchezza mondiale. Questo significa gravissimi
squilibri ed una vera e propria contrapposizione tra popoli, non
tanto per la sopravvivenza, quanto per il predominio culturale. E
questa cultura, che ci ha condotto alla colonizzazione del mondo,
all'assoggettamento e alla riduzione delle differenze dei popoli, dei
gruppi sociali, al dominio ed alla manipolazione del creato a forma
umana, è quella che alla fine si ritorce contro noi stessi.
Le privazioni
immateriali, sociali - la crescente insicurezza, le ansie, le
accentuate patologie psichiche oltre all'emergere di nuove e
spaventose incidenze tumorali - si aggiungono alle sempre più forti
privazioni materiali dei popoli dell'occidente. La distruzione di
buona parte del patrimonio naturale, la compromissioni della salute
degli ecosistemi, l'inquinamento, il sovrappopolamento, l'aver
ridotto il pianeta ad un posto meno sicuro e poco accogliente per gli
altri esseri viventi, ridotti a complemento del nostro dominio umano,
tutto questo, è da cambiare. E lo si cambia cominciando a
pretenderlo. Lo si pretenda in Sicilia, lo si pretenda in Italia, lo
si chieda agli altri popoli del mondo. Non è una questione di
riforme possibili né di legislazione: è innanzitutto l'inversione
di un paradigma sociale e culturale, che si può raggiungere,
gradualmente, cominciando ad affermarla dentro di noi. Pensare e
soprattutto vivere la propria vita in modo nuovo è la chiave di ogni
possibile cambiamento: l'inversione di quel paradigma, presso un
numero sempre maggiore di persone, porta alla necessità di una vita
diversa. Quindi tutto quello che dobbiamo fare, ancora prima di
pensare di doverci affidare al voto politico e amministrativo, è non
smettere di pretendere ciò che si ha a cuore: una trasformazione
complessiva del mondo.
Bisogna smettere,
piuttosto, di credere che l'importante sia condurre l'amministrazione
tecnica delle forme dell'organizzazione sociale odierna. Bisogna
smettere di credere che i discorsi più grandi del nostro piccolo
orticello siano inutili e risibili. Bisogna sentire nelle proprie
vene le offese che questa società planetaria fa alla vita: a quella
degli altri ed alla nostra.
La Sicilia rifiuti le
logiche di una modernità ormai al tramonto, come l'affermazione di
una politica nazionalista sicilianista che rientra nella vecchia
logica riscontrabile nella dicotomia amico/nemico. Recuperi,
piuttosto, quello che di buono è sempre stata: una terra di
pluralità, di differenze, di accoglienza, di amore per la terra, per
l'operosità. La Sicilia del 2013 non deve essere una nazione, ma una
nuova forma di comunità: che integra, senza annullare, le differenze
di ciascun umano venuto a cercare qui la propria vita. E sia allora
una terra di vita e non una terra che minaccia la morte, che ne
accoglie la prospettiva.
A partire da tutte queste
considerazioni, si può giungere al recupero della dignità di
ciascuno e ad una nuova affermazione della capacità decisoria dei
cittadini, contro le politiche eterodirette dalla cultura di potenza
e di prevaricazione, che invocano la guerra tra popoli, e impersonate
dai governi delle grandi potenze mondiali e dalle logiche
dell'espansione economica. Insomma: si può dire basta alla guerra
che insegue interessi economici a danno di qualcun altro. Si può
dire, si più chiedere, si può pretendere. E la cosa non è affatto
risibile. E' risibile il non avere mai pensato di farlo sul serio. E'
risibile la nostra rinuncia davanti a quello che sappiamo essere una
cosa giusta. Siamo noi stessi ad essere risibili quando scegliamo di
non prendere posizione.
Un mondo migliore, noi,
lo vogliamo affermare a partire dalla resurrezione di un popolo. Quel
popolo che il 30 marzo si ritroverà a Niscemi (CL) per dire che non
abbiamo bisogno di antenne militari statunitensi, che servono a
controllare e comunicare ipotesi di morte, occupando le terre di chi,
invece, vorrebbe coltivare la vita. E' il popolo che non vuole
rischiare di ammalarsi di morte, persino nell'altro senso, molto meno
metaforico, della salute dei siciliani.
Il 30 marzo a Niscemi per
dire NO al MUOS.
Si tratta di un sistema
di 3 antenne satellitari del diametro di 18,4 m, funzionanti in banda
Ka per le trasmissioni verso i satelliti e di 2 trasmettitori
elicoidali in banda UHF di 149 metri d’altezza, per il
posizionamento geografico. Il sistema è finalizzato al controllo di
operazioni militari altamente tecnologiche. Scrive Antonio Mazzeo,
giornalista e pacifista messinese: "il nuovo
sistema di telecomunicazioni dovrà assicurare il collegamento della
rete militare Usa (centri di comando, controllo e logistici, le
migliaia di utenti mobili come cacciabombardieri, unità navali,
sommergibili, reparti operativi, missili Cruise, aerei senza pilota,
ecc.), decuplicando la velocità e la quantità delle informazioni
trasmesse nell’unità di tempo e rendendo sempre più automatizzati
e disumanizzati i conflitti del XXI secolo. Con la conseguenza di
accrescere sempre più il rischio di guerra (convenzionale,
batteriologica, chimica e/o nucleare) anche per un mero errore di
elaborazione da parte dei computer".
Il Muos - inizialmente
previsto all'interno della base militare di Comiso e spostato a
seguito di uno studio statunitense che ha certificato possibili e
gravi interferenze con le apparecchiature militari e gli ordigni
presenti in loco - dovrebbe essere realizzato nella base NRTF-8
(Naval Radio Transmitter Facility) di Niscemi, presso la Riserva
naturale orientata “Sugherata”.
I lavori, iniziati da
tempo, sono stati interrotti - per la seconda volta - grazie ad un
accordo tra il governo regionale di Crocetta e il governo della
Repubblica, datato 11 marzo 2013, il quale ha sottoposto l'eventuale
nuovo via libera alla costruzione al rilascio di un parere favorevole
da parte dell'Istituto Superiore di Sanità e dell'Organizzazione
Mondiale della Sanità, in merito ai rischi legati alle emissioni
elettromagnetiche.
Col tempo - la vicenda si
protrae dal 2006, anno della ratifica dell'accordo bilaterale tra
Italia ed Usa -, sono emersi molteplici dubbi sui rischi per la
salute della popolazione, già interessata da forte inquinamento
elettromagnetico per la presenza di 41 antenne all'interno della base
militare, le quali potrebbero essere causa dell'aumento
dell'incidenza tumorale registrata in quella zona.
Nel 2011, uno studio
condotto dai professori Massimo Zucchetti e Massimo Coraddu del
politecnico di Torino, mette in evidenza alcune importanti lacune
dello studio realizzato dall'ARPA Sicilia per il rilascio delle
autorizzazioni da parte del governo regionale. In particolare, i
docenti mettono in luce degli errori di misurazione, l'utilizzo di
strumentazione inadeguata e l'assenza di specifiche tecniche
dettagliate sul Muos, coperte dal segreto militare statunitense.
Questa situazione, e le nuove misure prodotte da Zucchetti e Coraddu,
rivelerebbero una potenziale situazione di rischio per la salute
sotto due differenti aspetti: l'eventuale errore di puntamento delle
antenne; e l'esposizione prolungata ad un campo elettromagnetico di
potenza elevata.
La tesi dei docenti del
politecnico si accompagna alle considerazioni, esposte più volte da
Zucchetti, che le nuovissime pubblicazioni e gli studi sull'incidenza
dell'elettromagnetismo impongono oggi di dare maggiore attenzione al
problema, e di verificare la reale necessità di realizzare un'opera
come il Muos in Sicilia. Ma noi non vogliamo fermarci a queste
considerazioni.
La nuova situazione
creata dall'accordo dell'11 marzo scorso, infatti, è lungi
dall'essere una vittoria: in primo luogo esiste la contrarietà
politica e morale (la ricerca di quel mondo migliore di cui abbiamo
detto e la difesa della terra come luogo di vita e di bellezza),
facilmente messa in secondo piano centrando tutta l'attenzione sulla
questione della salute; e, soprattutto, in riferimento proprio alla
salute, non è da escludere che, a norma di legge e stante il
probabile mantenimento del segreto sulle specifiche tecniche del
Muos, possa arrivare un parere positivo da parte degli enti citati
nell'accordo. Chi, per altro, può dire quali saranno le frequenze e
la potenza reali con le quali opererà il sistema quando sarà in
funzione? E chi può escludere un'ingerenza degli Stati Uniti nel
giudizio da quegli enti?
Di recente, per altro,
dalle dichiarazioni rilasciate alla Procura di Napoli dall'ex
senatore Sergio De Gregorio - passato dall'Idv al Pdl per far cadere
il governo Prodi nel 2008 - emergerebbero ipotesi inquietanti: ed
esempio, l'interesse e le pressioni della CIA (i servizi segreti Usa)
per la fine dell'esperienza di quel governo, inviso agli americani
per un atteggiamento freddo e ostile su alcune tematiche tra le quali
quella del Muos.
La mobilitazione contro
la realizzazione di quest'opera si è fatta particolarmente
importante negli ultimi due anni, finendo per porre la questione come
tema politico dirimente. Ed il 30 marzo, a Niscemi, verrà ribadita
la contrarietà alla realizzazione del Muos sotto tutti i punti di
vista, cioè quello politico-morale e quello della tutela della
salute e dell'ambiente; i quali, per altro, finiscono per essere
l'uno il brodo di coltura dell'altro.
Sebastian Recupero