Nel vento cerco spesso voci e suoni; grida e canti; storie che vengono a spezzare la nostra quiete, sbattute lì nella prima pagina della nostra faccia.
Stasera, tra le altre cose, ci sento la morte di Hugo Chavez, la sua storia, le sue mille contraddizioni; la voce incerta del Venezuela che verrà.
Volevo scrivere qualche considerazione su tutto questo, ma la verità è che non ho molte parole. Probabilmente devo ancora decifrare la situazione, la storia, il senso ultimo di quello che è stata l'esperienza neobolivarista di Chavez. Forse non ne so proprio molto. E nessuno forse ne sa molto, tranne chi l'ha vissuta dalla parte del popolo e non del potere.
Ma sento di potermi sbilanciare quantomeno in un pensiero semplice. Il Venezuela di Chavez rappresentava, come tante altre piccole grandi storie politiche, l'idea che si potesse spezzare il monopolio economio e culturale occidentale e statunitense. Non importa che il prezzo pagato per questa opposizione si stato quello di un paese mai veramente socialista, mai veramente egualitario, trasparente, giusto. O meglio: importa, ma non al punto tale da servire quale riconoscimento della bontà del modello di sviluppo liberista e neoliberista. Non a dimostrarci che la democrazia occidentale fa meno morti e rende più felici i suoi cittadini. Perché questa non è la verità. Perché non c'è una verità.
Troppe contraddizioni e troppi abusi questo Chavez. Ma mai abbastanza per salvare la storia imperialista dei suo nemici, il loro sistema economico e sociale. Le loro anime consumiste e consumate.
Io non voglio salvarlo, tantomeno lodarlo. Io voglio salvare l'idea... e rinnovarla. L'idea magari tradita dallo stesso ex presidente e dai suoi; condizionata dal difficile quadro della globalizzazione; offesa dal militarismo, dalla divisione dei posti di potere. Ma l'idea che, prima di passare alle mani di uomini che la interpretano nella contingenza, nasce nel cuore e della mente di altri uomini che semplicemente provano emozione e passione nel sognare un mondo diverso.
Ecco: l'idea di un mondo diverso; socialista senza riferimenti storici: aggettivo positivo incolore e sentimento di solidarietà e reciprocità. Questa idea sorpassa Chavez e non potrà mai essere spazzata via.
I governi invece si che passano, che vengono cancellati. E quel che rimane di questo governo bolivarista, prima o poi, verrà cancellato del tutto. Non è un male: la gente ha bisogno di cambiare; di ripartire. Quello che, però, mi dispiace è che noi occidentali non abbiamo mai smesso di essere dei fondamentalisti culturali; che in queste ore stiamo tutti rincorrendo i nostri dizionari e le nostre enciclopedie per raccontare di quanto il Venezuela non fosse un paese "libero"; di quanto mancasse la "democrazia". Senza mai una volta accettare la possibiltà di declinare diversamente queste parole: libertà e democrazia.
E certamente siamo liberi: di produrre, consumare, credere in un Dio (anche terrestre, razionale) e crepare. Ed abbiamo il potere di eleggere rappresentanti che non possono far altro che garantire che quel principio di libertà si riproduca all'infinito: farci produrre, farci consumare, farci credere in un Dio e lasciarci crepare. Ma allora... dovremmo forse dire che siamo vincolati dalla nostra stessa libertà alla più abberrante delle dittature: quella meccanica dei processi produttivi e di consumo finalizzati dell'arricchimento immorale ma legittimato. E vorremmo giudicare gli altri? Se ne abbiamo ancora facoltà, con tutta la nostra disinvolutura (che comincia a scricchiolare, forse), è perché le nazioni in cui viviamo controllano militarmente e finanziariamente il mondo per difendere questo sistema, concedendoci lo spazio per crederci nel giusto. Per affermare che "stiamo bene; il nostro sistema funziona". Per non far esplodere quelle contraddizioni che la notte addormentiamo con noi; e che ci confondono i sogni.
Soffia il vento dal Venezuela stanotte: un'altra storia di minoranza, di contrarietà, di opposizione ha le ore contate. Ma suona alle nostre finestre la voce mai spenta del socialismo, di un mondo più giusto che forse non verrà mai, ma vivrà per sempre nei tentativi e nei fallimenti delle donne e degli uomini che hanno saputo scegliere la strada più difficile.
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