No, non andartene ancora, non temere i sussulti,
è l'orso che si apre gli alveari in giardino.
Si placherà. Strozzerò anch'io il discorso
come la fretta dello sperma serpentino
verso la donna dell'éden.
No, non andartene ancora, non abbassare il tuo velo.
Il metilene dei còlchici è divampato nel prato.
Sei tu pur sempre, vita, anche quanto sostieni:
- Anelando, aggiungiamo. Ma l'amore
non ha somiglianza...
V. Holan
martedì 15 aprile 2014
mercoledì 9 aprile 2014
Rubo questa poesia perché, stasera, sta bene sul mio diario.
E’ strano che tanto tempo sia passato
dall'annuncio del grande crac:seppure
quel tempo e quella notizia siano esistiti.
L’abbiamo letto nei libri: il fuoco non li risparmia
e anche di noi rimarrà un’eco poco attendibile.
Attendo qualche nuova di me che mi rassicuri.
Attendo che mi si dica ciò che nasconde il mio nome.
Attendo con la fiducia di non sapere
perché chi sa dimentica persino
di essere stato in vita.
dall'annuncio del grande crac:seppure
quel tempo e quella notizia siano esistiti.
L’abbiamo letto nei libri: il fuoco non li risparmia
e anche di noi rimarrà un’eco poco attendibile.
Attendo qualche nuova di me che mi rassicuri.
Attendo che mi si dica ciò che nasconde il mio nome.
Attendo con la fiducia di non sapere
perché chi sa dimentica persino
di essere stato in vita.
Eugenio Montale
sabato 5 aprile 2014
La cultura dell'adesso
" [...] Tutto ciò aveva un significato evidente nella società solido-moderna dei produttori - una società, ripeto, che puntava sulla prudenza e sulla cautela di lungo periodo, sulla durevolezza e sulla sicurezza, e soprattutto sulla sicurezza durevole di lungo termine. Ma il desiderio umano di sicurezza e il sogno di uno "stato stazionario" definitivo mal si accordano con la società dei consumatori. Nel percorso verso questa società il desiderio umano di stabilità deve trasformarsi, e in realtà si trasforma, da principale punto di forza del sistema nella sua principale passività: potenzialmente fatale, e causa di perturbazione e malfunzionamento. Difficilmente le cose potevano essere diverse, poiché il consumismo, in netto contrasto con le precedenti forme di vita, associa la felicità non tanto alla soddisfazione dei bisogni (come tendono a far credere le sue "credenziali ufficiali"), ma piuttosto alla costante crescita della quantità e dell'intensità dei desideri, il che implica a sua volta il rapido utilizzo e la rapida sostituzione degli oggetti con cui si pensa e si spera di soddisfare quei desideri; esso abbina, come sostiene giustamente Don Slater, l'insaziabilità dei bisogni all'impulso e all'imperativo di "guardare costantemente alle merci per soddisfarli". Nuovi bisogni richiedono nuove merci; nuove merci richiedono nuovi bisogni e desideri; l'avvento del consumismo inaugura l'era deIl""obsolescenza programmata" dei beni offerti sul mercato e segnala la spettacolare ascesa dell'industria dello smaltimento dei rifiuti.
L'instabilità dei desideri e l'insaziabilità dei bisogni, e la propensione che esse creano al consumo immediato e all'immediata eliminazione degli oggetti consumati, ben si accordano alla nuova liquidità del contesto in cui le attività della vita si svolgono e si svolgeranno nel prevedibile futuro. Un contesto liquido-moderno è inadatto alla pianificazione, all'investimento e all'accumulazione di lungo periodo; anzi esso priva il rinvio della soddisfazione del suo antico senso di prudenza, di circospezione e soprattutto di ragionevolezza. La maggior parte degli oggetti di valore perdono rapidamente lustro e attrattiva, e se il godimento viene differito, si rischia di doverli gettare nella spazzatura prima ancora di esserseli goduti. E quando il livello di mobilità e la capacità di cogliere al volo una opportunità fuggevole diventano i principali fattori dell'importanza e del prestigio sociale, le proprietà troppo voluminose sono viste più come una fastidiosa zavorra che come carico prezioso.
Stephen Bertman ha coniato le espressioni "cultura dell'adesso" [nowistculture] e "cultura frettolosa" [hurried culture] per indicare il nostro stile di vita nell'attuale tipo di società. Si tratta di espressioni particolarmente adatte ad afferrare la natura del fenomeno liquido-moderno del consumismo. Possiamo dire che il consumismo liquido-moderno si distingue principalmente per la ridefinizione (finora unica) del significato del tempo.
Il tempo viene vissuto da chi fa parte della società dei consumatori liquido-moderna come qualcosa che non è ciclico o lineare com'era invece per altre società della storia. Esso è invece, per utilizzare la metafora di Michel Maffesoli, "puntinista" o, come lo definisce Nicole Aubert con espressione quasi sinonimica, "punteggiato": contrassegnato cioè da abbondanza di rotture e discontinuità, da intervalli che separano i diversi punti e ne interrompono il collegamento, più che dallo specifico contenuto dei punti stessi. Il tempo puntinista si distingue per la sua incoerenza e mancanza di coesione, più che per i suoi elementi di continuità e coerenza;in questo genere di tempo qualunque continuità o logica causale colleghi i diversi punti tende a essere presunta e/ o desunta all'estremo opposto della ricerca (che avviene sempre a posteriori) di un'intelligibilità e di un ordine,di regola chiaramente assenti dalle motivazioni che inducono il movimento degli attori tra i diversi punti. Il tempo puntinista è frazionato, o addirittura polverizzato, in un gran numero di "istanti eterni" (eventi, avvenimenti,incidenti, avventure, episodi), di monadi racchiuse in se stesse, pezzi separati, ognuno ridotto a un punto sempre più prossimo al suo ideale geometrico di non-dimensionalità.
Come forse ricordiamo dalle lezioni scolastiche sulla geometria euclidea, i punti non hanno lunghezza, larghezza o profondità: esistono, saremmo tentati di dire, prima dello spazio e del tempo; in un universo di punti lo spazio e il tempo devono ancora iniziare. Ma come abbiamo appreso dagli esperti in cosmologia, simili punti privi di spazialità e temporalità contengono un infinito potenziale di espansione e infinite possibilità di esplodere, come attesta (a prestar fede ai postulati della cosmogonia più aggiornata) quel punto fondamentale che precedette il big bang da cui iniziò l'universo spaziotemporale. Per usare la vivida immagine di Maffesoli, oggi "la nozione di Dio si riassume in un eterno presente che racchiude allo stesso tempo il passato e l'avvenire"; "la vita, sia essa individuale o sociale, (è) composta da una successione di adesso, una concatenazione di istanti vissuti con più o meno intensità (...)".
Ora ogni punto-tempo è visto come carico della possibilità di un altro big bang: possibilità attribuita anche ai punti successivi, indipendentemente da qualunque cosa sia accaduta ai punti precedenti, e a dispetto dell'esperienza che si accumula costantemente mostrando come la maggior parte delle possibilità sia perlopiù prevista in modo erroneo o non lo sia affatto, mentre la maggior parte dei punti si dimostra sterile e la maggior parte degli scossoni abortisce. Una mappa della vita puntinista, se tracciata, sarebbe straordinariamente simile a un camposanto di possibilità immaginarie, fantasticate o grossolanamente trascurate e rimaste irrealizzate. Oppure, a seconda del punto di vista, farebbe pensare a un cimitero di occasioni sprecate: in un universo puntinista il tasso di mortalità infantile e di aborto procurato o spontaneo delle speranze è molto alto.
Nel modello puntinista del tempo non c'è spazio per l'idea di "progresso"come alveo vuoto del tempo che lentamente si riempie grazie alle fatiche umane, o come edificio sempre più elegante e alto che per effetto di tali fatiche si innalzi gradualmente dalle fondamenta al tetto, piano dopo piano, ogni piano costruito in modo saldo sul precedente, fino al momento in cui la sommità verrà coronata da un serto di fiori per celebrare la fine di uno sforzo lungo e diligente. Quell'immagine è stata sostituita dalla sicurezza che (come notò all'inizio degli anni Venti del XX secolo Franz Rosenzweig, che la considerava una chiamata alle armi, sebbene all'inizio del XXI suoni piuttosto come una profezia) . O, secondo la recente rilettura di Michael Lòwy dell'interpretazione di Walter Benjamin sulla visione moderna del processo storico, l'idea del "tempo della necessità" è stata sostituita dal concetto del"tempo delle possibilità, un tempo aleatorio aperto in ogni momento all"irruzione imprevedibile del nuovo", da "una concezione della storia come processo aperto, non determinato in anticipo, in cui le sorprese, le chances inattese, le opportunità impreviste possono comparire in ogni momento": ciascun momento, direbbe Benjamin, contiene potenzialità rivoluzionarie. Ovvero, e stavolta sono parole dello stesso Benjamin che echeggiano quelle degli antichi profeti ebraici: "ogni secondo (...) era la piccola porta da cui poteva entrare il Messia". (...)"
Zygmunt Bauman, Consumo, dunque sono, Laterza (2010)
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