giovedì 18 aprile 2013

Riflessioni sulla libertà, parte 1

Premessa

Le culture occidentali (l'uso del plurale non è casuale e spero possa essere colto da subito; ma emergerà certamente più avanti), sedimenti dei processi storici e sociali dei popoli di quelle terre incluse, dalla dottrina e dalla politica, nel novero dell'Occidente relativo, sono all'opera, si trasformano e trasformano l'immaginario in qualsiasi momento della nostra vita da occidentali: anche quando tuoniamo contro questa stessa vita, contro queste stesse culture. Da ciò deriva che il nostro pensiero, le nostre opposizioni, il nostro approccio dicotomico bene/male oppure il nostro assoluto relativismo strumentale relativo ai casi ed al contesto che ci interessa, siano frutto di quella tradizione che genera anche l'oggetto della nostra opposizione. Perché, non è una novità, oggetto e soggetto vengono generati contemporaneamente, in un determinato immaginario.
Sulla libertà anch'io scriverò in opposizione a determinati modelli; i quali, tuttavia, hanno generato la mia stessa opposizione. Così quest'ultima finisce con esserne la prosecuzione storica. In tutti i casi che andrò ad analizzare sarà evidente, anche quando operata con incoscienza, la pienezza della mia storicità, della mia appartenenza.
Inutile, da qui in avanti, tentare di fingersi l'accademico puntiglioso: non lo sono e non ne sarò mai capace. Piuttosto porrò delle questioni nel mio modo personale, che è storico e culturale, senza pretesa di scientificità, ma con un metodo che, per quanto non sia oggettivo, resterà sempre un metodo umano.

Brevemente, voglio essere antipatico: troppo spesso ci riempiamo la bocca della parola libertà; ancora più spesso è capitato al sottoscritto di ascoltare giudizi sulla libertà altrui; sulle carenze o la mancanza di libertà di qualche individuo o di gruppi di individui. E frequentemente persino il sottoscritto li ha pronuciati.
Ebbene, la presunzione di sentire se stessi "più liberi" di altri è un abominio, una forma di prevaricazione sociale e morale. E, se non ce ne fossimo accorti, sancisce l'inesistenza di quella stessa libertà proclamata e idealizzata. Nessuno è libero; oppure tutti sono liberi a modo loro, nel contesto della loro storicità e della loro cultura. Decidiamoci.

Non esiste una libertà autentica, univoca, assoluta. L'idea stessa di libertà e l'uso della parola sono fatti storici e culturali; e, francamente, è comprensibile pensare che la libertà, di per sé, non esista. Ci sono piuttosto tante possibili libertà contingenti: ciascuna di esse, da quando viene affermata, proclamata e perseguita, diviene una forma di prevaricazione, di subordinazione culturale. La dimostrazione stessa della sua inesistenza, forse.

Riaprire eterni dibattiti

Caso 1: la libertà sentimentale e sessuale, in breve.

Qualche secolo fa si pensava come atto di libertà, ad esempio, la possibilità di avere un lavoro ben remunerato che offrisse l'occasione di costruire una famiglia ed una bella casa con un portone ed una chiave sicura, per custodire la nostra dimensione privata e le nostre contraddizioni.
Altra espressione di libertà, ricadente nello stesso immaginario, era la possibilità di sfuggire all'autoritariusmo pateralistico ed alla dimensione protettiva della famiglia patriarcale, e prendere per marito (o moglie) chi si ritenesse più opportuno, anche contro l'opinione del padre. La libertà di sposarsi come si vuole e con chi si vuole.
Penso a quella espressione: oggi molti tra i lettori di questo scritto la riterranno, come me, un'espressione probabilmente ossimorica: "Libertà... di sposarsi". Eppure al tempo aveva il peso di una vera richiesta di libertà.

Charles Bukowski. In qualche modo è un sollievo leggere quel suo persiero violento, "animale", senza peli sulla lingua. Giustificatorio. Diciamo: "libero". "Libertà!"; "Siamo animali, dobbiamo privarci delle catene".

La libertà sessuale comunemente intesa è una cosa sensata, come sensato è stato il nazismo del resto. Tutte le cose sono sensate. Però anch'essa è un prodotto culturale; e non è giusta in assoluto.
Essa è cosa ben diversa dalla liberazione dei generi sessuali, argomento più serio, ma indissolubilmente connesso a quello che io pongo qui brevemente.

Tutta la modernità si è sviiluppata sull'istituto della "famiglia"; e all'interno della società così formata, all'interno del modello familiare, è nata, per opposizione, la riluttanza contro la famiglia stessa.
L'idea di una potenziale società senza legami stabili, secondo me, significa il capovolgimento assoluto dello stato sociale, della cultura che ha generato la nostra stessa possibilità di pensare questo rovesciamento; e, ad ogni modo, è certamente la fine di un immaginario e la creazione di un altro, nell'ambito degli sviluppi culturali delle nostre società.
L'immaginario sviluppatosi nel corso della modernità, dell'uomo che trasformava e piegava la Natura per garantire il proprio predominio, attraverso l'uso dell Ragione, sulle altre forme di vita e contro i rischi di morte naturale, e dell'individualismo razionale inventato, come inventato era il libero arbitrio storico, pare in contrapposizione con l'idea di esseri umani totalmente istintivi e per questo liberi. Se la ragione esiste, ed è quello che abbiamo sempre pensato, dire oggi che essa produca una libertà "più vera" di quelle precedenti è una contraddizione. Perché la produrrebbe oggi? Esiste, allora, il progresso? E se esiste il progresso, e l'individualismo capitalistico ci sta portanto adesso al bellum omnia contra omnes, i diritti civili, sociali ed individuali guadagnati non serviranno più (e mi sta bene); ma cadranno anche tutte le idee, persino di libertà, per fare spazio non di certo ad una società anarchica (anche questo pensiero è frutto della Ragione, e funziona per opposizione). Temo, piuttosto, che gli uomini rifaranno un percorso simile a quello già fatto, se non nei contenuti... nei principi: di organizzazione, di gestione, di controllo.

Come non pensare la libertà sessuale di oggi, sbandierata e difesa politicamente, anche quale complemento oggetto del consumismo?
Tutta l'attenzione spostata non sulla sessualità, ma sul sesso; privandolo però della sua funzione primaria: quella procreativa. Eh si: perché bisogna tornare animali e non attenzionare troppo le cazzate sull'amore, sui legami stabili (odiosi immaginari che riducono le nostre libertà), ma anche dimenticarci che la Ragione che ha prodotto quegli immaginari, produce allo stesso modo quello per il quale il sesso si può vivere "liberamente" e giustamente anche senza procreare.
L'istinto è quello che ci porta a compiere l'atto sessuale; la Ragione, il fatto culturale, l'antropocentrismo sono invece evidenti nell'inibire la procreazione. E' un calcolo; il calcolo risponde ad una forma e la forma è l'immaginario.
Ma l'immaginario come si è creato?
Per intanto possiamo dire che è si creato.
A questo punto... cos'è questa libertà sessuale? Un dato morale assoluto?
Non parrebbe.

Ma... siete retrogradi se pensate che sia sbagliato fare sesso senza procreare. Sappiatelo. I custodi della libertà vi deridono, poveretti. Poveri schiavi.
I più geniali sono quelli che fanno uso di anticoncezionali ed al contempo mettono in discussione la "naturalità" dell'omosessualità. Mistero della fede.

Seriamente, io credo che scopare piaccia a tutti noi, soprattutto quando si tratta di un'avventura erotica imprevista. Ma il patentino per ritenerci liberi, e per bollare chi ha una relazione stabile - e ci crede - come un/una "poveraccio/a", chi ce lo ha dato? E se fossi noi in torto? E se questa libertà di fare sesso come e quando vogliamo senza conseguenze fosse la peggiore delle aberrazioni umane, che ci allontana dalla (per noi, a volte) conveniente naturalezza degli animali per consegnarci, ancora una volta, una scelta umana, di quelle come ce ne sono tante? Ma soprattutto ci siamo chiesti perché ci piaccia in modo così ossessivo fare sesso? Il punto è che l'instinto che ci porta a compiere l'atto sessuale è l'istinto di vita: di generare, di creare vita attraverso l'unione dei due corpi. Ed il piacere forse autentico dovrebbe essere proprio questo impulso procreativo. Ma questo piacere è stato limitato nel tempo; condizionato. Controllato politicamente e appannato per ragioni dettate dalla mente umana, secondo immaginari determinati della vita e del mondo.

Ora, il rischio di essere fraintesi è alto: io ho intenzione, almeno per adesso, di rinunciare allo stesso modello culturale ed allo stesso immaginario al quale quasi tutti noi abbiamo aderito. Dico soltanto che riflettere su tutto ciò che noi riteniamo libertà e scoprire che libertà non è, è un atto dovuto. Soprattutto per approcciarci agli altri.
E ancora: questa riflessione particolare è finalizzata a cancellare qualche ipocrisia sul sesso che noi praticanti di questa religione adottiamo spesso. Se è facile e bello scopare, questa cosa, impedendo la proceazione, non è certamente un'espressione libera svincolata dalla Ragione, come si pensa ogni volta che si grida "libertà". E dunque non si capisce perché altri immaginari creati dalla medesima Ragione siano privi di libertà. Solo questo.

Così, in fine, potremmo dire che è naturale e liberale (se la libertà non è un assoluto, nel senso che di solito si gradisce, salvo confondersi) tanto un modello di relazioni instabili, quanto un modello di relazioni stabili; tanto l'amore come ricerca di eternità e impegno a costruire, quanto l'amore come sfogo di tensioni ed emozioni istantanee.
Va bene tutto insomma. Guccini direbbe: "Ma non raccontare a me che cos'è la libertà".