mercoledì 9 gennaio 2013

ritagli di pensiero.

Pier Paolo Pasolini, 
frammento tratto dall'intervento che avrebbe dovuto fare al congresso del Partito radicale nel novembre '75.

Paragrafo secondo
 
Disobbedendo alla distorta volontà degli storici e dei politici di mestiere, oltre che a quella delle femministe romane - volontà che mi vorrebbe confinato in Elicona esattamente come i mafiosi a Ustica - ho partecipato una sera di questa estate a un dibattito politico in una città del Nord. Come sempre poi succede, un gruppo di giovani ha voluto continuare il dibattito anche per strada, nella serata calda e piena di canti. Tra questi giovani c'era un greco. Che era, appunto, uno di quegli estremisti marxisti "simpatici" di cui parlavo. 
Sul suo fondo di piena simpatia, si innestavano però manifestamente tutti i più vistosi difetti della retorica e anche della sottocultura estremistica. Era un "adolescente" un po' laido nel vestire; magari anche addirittura un po' scugnizzo: ma, nel tempo stesso, aveva una barba di vero e proprio pensatore, qualcosa tra Menippo e Aramis; ma i capelli , lunghi fino alle spalle, correggevano l'eventuale funzione gestuale e magniloquente della barba, con qualcosa di esotico e irrazionale: un'allusione alla filosofia braminica, all'ingenua alterigia dei gurumparampara. 
Il giovane greco viveva questa sua retorica nella più completa assenza di autocritica: non sapeva di averli, questi suoi segni così vistosi, e in questo era adorabile esattamente come coloro che non sanno di avere diritti... 
Tra i suoi difetti vissuti così candidamente, il più grave era certamente la vocazione a diffondere tra la gente ("un po' alla volta", diceva: per lui la vita era una cosa lunga, quasi senza fine) la coscienza dei propri diritti e la volontà di lottare per essi. 
Ebbene; ecco l'enormità, come l'ho capita in quello studente greco, incarnata nella sua persona inconsapevole. 
Attraverso il marxismo, l'apostolato dei giovani estremisti di estrazione borghese - l'apostolato in favore della coscienza dei diritti e della volontà di realizzarli - altro non è che la rabbia inconscia del borghese povero contro il borghese ricco, del borghese giovane contro il borghese vecchio, del borghese impotente contro il borghese potente, del borghese piccolo contro il borghese grande. 
E' un'inconscia guerra civile - mascherata da lotta di classe - dentro l'inferno della coscienza borghese. (Si ricordi bene: sto parlando di estremisti, non di comunisti). Le persone adorabili che non sanno di avere diritti, oppure le persone adorabili che lo sanno ma ci rinunciano - in questa guerra civile mascherata - rivestono una ben nota e antica funzione: quella di essere carne da macello. 
Con inconscia ipocrisia, essi sono utilizzati, in primo luogo, come soggetti di un transfert che libera la coscienza dal peso dell'invidia e del rancore economico; e, in secondo luogo, sono lanciati dai borghesi giovani, poveri, incerti e fanatici, come un esercito di paria "puri", in una lotta inconsapevolmente impura, appunto contro i borghesi vecchi, ricchi, certi e fascisti.
Intendiamoci: lo studente greco che qui ho preso a simbolo era a tutti gli effetti (salvo rispetto a una feroce verità) un "puro" anche lui, come i poveri. E questa "purezza" ad altro non era dovuta che al "radicalismo" che era in lui.

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